“L’essenza stessa del Kaizen è molto semplice e quasi disarmante: Kaizen significa migliorare grazie al coinvolgimento di tutti, lavoratori e manager. La filosofia Kaizen prevede che il nostro modo di vivere, al lavoro, nella vita sociale, tra le pareti di casa, migliori in maniera costante.” MASAAKI IMAI
Ora, come dice l’immagine, il concetto è assai semplice. Cambiare per il meglio. Un passetto alla volta. Poi, in realtà, la cosa può essere più complessa, perché almeno normalmente, parlando di Kaizen, si va a parlare di TQM (total quality management), di just in time (a me viene sempre in mente just in case, ma è un’altra cosa) , collaborazione aziendale e blablabla… Cose che appunto rendono complicato un concetto semplice ma, se proprio volete saperne di più, studiatevi questo schemino: recuperato da resistenzaumana, che peraltro consiglio vivamente di sbirciare. Qui, a dire il vero, non voglio neanche parlare del Kaizen Institute di Masaaki Imai (diciamo che l’ho liquidato con la citazione iniziale), o del fatto che molti concetti del “Kaizen aziendale” derivano dai lavori di William Edwards Deming, o dei progetti della Toyota anni ’50. In parte, perché sono più interessato alla semplicità della cosa, e al suo livello “filosofico”. In parte perché sono d’accordo con Lev Tolstoj quando afferma che “Tutti pensano a cambiare l’umanità ma nessuno pensa a cambiare sé stesso“. Per la semplicità il discorso è… semplice. Troppo nozionismo, troppa astrazione, rendono solo le cosepiù… noiose. Si studia, ma non si apprende. Si complicano le cose semplici, per fingere di essere chissà quali pezzi grossi della cultura, o perché non si è in grado di rendere una cosa interessante e semplice.
In altre parole, fruibile. Anzi, gustosa: è più semplice, e mi piace di più.
In altre parole, fruibile. Anzi, gustosa: è più semplice, e mi piace di più.
“Tre sono le regole principali del mondo del lavoro: dal disordine e dalla confusione cercate di tirare fuori la semplicità; nei contrasti ricercate l’ironia e, infine, ricordate che l’opportunità risiede proprio nel bel mezzo delle difficoltà”, Albert Einstein.
Questa mi pare già una miglior definizione del senso del Kaizen come “gusta” a me. Solo, credo non si applichi solo al mondo del lavoro, ma un po’ in tutto. Vero è che… non è semplice essere semplici.
“E’ facile avere un’idea complicata. La cosa davvero molto, molto complicata è avere un’ idea semplice” Carver Mead
Ma il kaizen aiuta anche in questo: è difficile pensare ad un obbiettivo a lungo termine, se lo si guarda da lontano, o se si guarda solo alla meta finale. Al risultato. Più facile è se lo si guarda sminuzzato in vari passaggi, in vari momenti. Imparare una lingua, scrivere un libro, suonare uno strumento, sono tutte cose che richiedono tempo. Dicono (forse un po’ banalmente) che una normale conversazione in lingua abbisogna di circa 2500 vocaboli. O, se preferite, che nell’80 % dei casi si usano “solo” quei vocaboli. Ovviamente una lingua è fatta anche di altre cose: di regole, di orecchio, di cultura… ma anche se fosse solo quello, richiede molte ore di studio. Molti giorni, molti mesi. E pensare ad un tale carico, ad un tale ammontare di impegno, stressa parecchio. Demotiva, anzi.
E senza motivazione, senza diletto, si fa poca strada. Se però si suddivide questa lunga strada in molti semplici passi, improvvisamente il tutto diventa più spontaneo, più gestibile, ed anche più divertente. Non solo, si immette un passo in ogni giorno, rendendo il proprio impegno costante e ridotto. Inutile cioè spendere troppo tempo in una botta sola, salvo poi dimenticarci il nostro “percorso”, miglioramento, o semplicemente il nostro studio per settimane. Ci si dimentica tutto. Questo lo ribadisce anche la ripetizione dilazionata: meglio poco e spesso, che tanto e di rado. La nostra memoria, infatti, se si prende delle pause, e se non viene massacrata da un carico di lavoro troppo elevato in una sola fase, lavora molto meglio. Idem per quanto concerne il livello di attenzione.
“Niente è davvero difficile se lo si divide in tanti piccoli pezzettini ” Henry Ford
In questo, trovo interessante notare che il kaizen (se così inteso) non è certo un’invenzione della Toyota, di Masaaki Imai o di Deming. È qualcosa di molto più antico, proprio perché qualcosa di molto ovvio, e proprio per questo – forse – tendiamo a dimenticarlo. Resto infatti dell’idea che le migliori scoperte, sono ciò che disseppelliamo dall’oblio, dal buon senso, da tutto ciò che col tempo abbiamo complicato. Non solo, ovviamente, ma molto spesso è questione di prospettiva, di come si guarda (e si torna a guardare) alle cose.
“Il miglioramento continuo è meglio della perfezione in ritardo” Mark Twain
Se si pensa in questi termini, inoltre, ci si angoscia meno per il risultato, per la meta distante da dover raggiungere, e si pensa al presente, si gusta il viaggio (enjoy the ride) come se… come se “ogni sera si morisse all’addormentarsi, e si resuscitasse al risveglio“, con la notevole differenza che ci si ricorderà dei passi fatti il giorno precedente, godendoci quindi il presente, ma camminando verso un miglioramento che si dimostrerà costante e progressivo, e perché ci impegneremo (senza faticare) ogni giorno, e perché diventerà un’abitudine che, peraltro, darà senso alle nostre giornate. Un senso in più, ovvio.
È un piccolo impegno, ripetuto ogni giorno, e magari reso divertente. Ma anche se non lo fosse, di certo saremo disposti a fare qualcosa di non esaltante per 10 minuti – la nostra attenzione sarà comunque vigile, la noia non ci vincerà – alla volta, che non per tre ore di fila. E il tutto sarà molto più produttivo, anche perché costituisce un lavoro su noi stessi. È un po’ come tirare al biliardo: basta produrre una piccola modifica al nostro comportamento, per cambiare completamente la traiettoria.
Basta deviare un poco l’angolo con cui la stecca colpisce la palla, e quest’ultima assumerà una direzione diversa. Dapprima il cambiamento sarà poco evidente, poi sempre maggiore, più drastico: rivoluzionario.
Senza credere troppo a certi proclami, ma seguendone il concetto di fondo, v’è chi afferma che il semplice studio di una materia specifica, o un argomento preciso per 10 minuti al giorno porta ad essere un esperto di quel soggetto nel giro di un anno o due. Anche se ciò non fosse, il metodo è notevole perché, in ogni caso
“E’ meglio accendere una candela piuttosto che maledire il buio” Carl SaganMantieni i tuoi pensieri positivi Perché i tuoi pensieri diventano parole
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