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venerdì 17 febbraio 2023

Martin Heidegger

 Martin Heidegger (1889 - 1976)


“Nessuna epoca ha mai saputo tanto e tante diverse cose dell'uomo come la nostra. Però in verità nessuna ha mai saputo meno della nostra che cos'è l'uomo.”

 «Fenomenologia significa dunque... lasciar vedere da se stesso ciò che

si manifesta, così come si manifesta».






Opere principali:

Dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto (1915)
Per la determinazione delle filosofia (1919)
Fenomenologia della vita religiosa (1919–20)
Ontologia. ...
Il concetto di tempo (1924)
Prolegomeni alla storia del concetto di tempo (1925)
Essere e tempo (1927)
  • Che cosa significa pensare? (1954)
  • In cammino verso il linguaggio (1959)
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Cenni di vita

Studia a Marburgo e Friburgo. Diventa allievo del fondatore della fenomenologia: Husserl
Ottiene una cattedra ed ha importanti allievi come H. Arendt e Gadamer o Jonas.

Nel 1933 diviene rettore all'università di Friburgo, succedendo al maestro Husserl.
Qui pronuncia un discorso "l'autoaffermazione dell'università tedesca"; 
[elementi interpretativi: volere o dovere?]
Dopo pochi mesi si dimette; nel ventennio successivo fa ricerca ma è meno attivo in pubblico.
Nel 1945 alla fine della guerra si attiva un processo di epurazione nazista. 
---> H. subisce un'inchiesta e viene sospeso dall'insegnamento, specie per il parere di Jaspers

---> Viene reintegrato nel 1949, anche grazie alla Arendt.

Nel 1936 pubblica un saggio su Holderlin e la poesia: vi è un cambio di indagine --> per L'Essere, il linguaggio, la poesia. 


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Le due fasi filosofiche

Il pensiero di Heidegger può essere suddivisa in due fasi
La prima dura fino al 1936. [saggio su Holderlin]
Nella prima l'opera principale è Essere e Tempo, dove si studia soprattutto l'uomo. 
Nella seconda l'oggetto principale delle sue ricerche è l'Essere. [opera principale: sentieri interrotti, 1950]
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La prima fase (Essere e Tempo, 1927)

 Abbiamo noi oggi una risposta alla domanda intorno a ciò che propriamente intendiamo con la parola «essente»? Per nulla. È dunque necessario riproporre il problema del senso dell'essere. Ma siamo almeno in uno stato di perplessità per il fatto di non comprendere l'espressione «essere»? Per nulla. È dunque necessario incominciare col ridestare la comprensione del senso di questo problema. Lo scopo del presente lavoro è quello della elaborazione del problema del senso dell'«essere». Il suo traguardo provvisorio è l'interpretazione del tempo come orizzonte possibile di ogni comprensione dell'essere in generale.

H. Torna al problema originario della filosofia: l'Essere (quello di Parmenide, sì).
L'Essere sembra indefinibile. Non appartiene a un insieme (genere prossimo che lo contenga).

L'Essere non è neppure "semplicemente" la somma degli enti concreti: esso trascende la realtà transeunte della vita quotidiana.

Non basta dire che l'Essere è; il non Essere non è. 
--> L'essere è indefinibile (non può essere delimitato in quanto non ha fine)
 [in relazione allo spazio]

---> In [relazione al tempo] L'Essere continua a sfuggirci: come già diceva Agostino, il passato è fuggito, il futuro non è ancora, il presente è troppo instabile. 

Anche l'Essere studiato da Platone (idea) o quello di Aristotele (sostanza) rappresentano soluzioni che non sembrano "esserci" nella realtà.
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Da Cartesio in poi il problema di sposta dal piano ontologico a quello gnoseologico
---> Non Cos'è Questo; ma Come conosco questo?

Heidegger riprende quel "problema dimenticato"
--> Qual è il senso dell'Essere?
---> Si chiede allora: chi è quell'essere che si pone la domanda sull'Essere?
L'uomo.
Il suo modo d'essere (sein) è l'esistenza --> l'esserci (Dasein): l'uomo è sempre gettato nel mondo. Non sceglie quando come perché nascere. Si trova in un ambiente che lo determina.
Non è ente come gli altri. Si interroga: tenta di comprendere e comprendersi.

E' necessaria una "analitica esistenziale" ---> analizzare i modi di vita dell'uomo. (Anche se H. rifiuta l'etichetta di esistenzialista): lui ha come priorità la ricerca sull'Essere più che sull'uomo. ---> sguardo fenomenologico sull'esistenza: come le cose arrivano alla coscienza

Non è la ricerca scientifica o comune, ma di come le cose\eventi appaiono alla nostra coscienza.
L'esserci (Dasein) è possibilità (--> Kierkegaard)

Egli è un esserci_nel_mondo. Ed esserci nel Tempo.
Egli comprende  e esiste in esso, circondato da cose e persone.
Il passato è il ricordo dell'esserci. Il futuro l'aspettativa. Il presente la cura. 
Egli vive proiettato, in una progettualità continua. 



Negli oggetti come funziona?
L'esserci di un oggetto (ex tastiera) è determinato dal suo uso, ma tale uso è tale quando "sparisce" alla mia coscienza. Non la indago, la uso. Gli oggetti permettono all'uomo di attuare la possibilità\libertà dell'uomo, a seconda della sua scelta, del suo progetto.

L'uomo vede il chiodo: questo riporta al martello, questo riporta al legno...

L'uomo si prende cura della realtà che lo circonda. Questa cura è sia trascendenza (andare oltre), sia progetto: dà significato alla realtà. 
Ogni ente non è però dato neutralmente: ha un suo contesto. Non si parte da zero.
Se leggo un libro horror, so in qualche modo cosa mi aspetta 
--> ho pregiudizi, pre-nozioni. Non siamo in una tabula rasa: siamo in un orizzonte culturale.
Posso modificare l'orizzonte, ma parto da lì. [---> spunti per l'ermeneutica]


Vale anche per gli altri uomini (esserci)L'uomo non è mai da solo: è sempre un esserci_con_gli_altri.
Delle cose ci si prende cura; delle persone si ha cura.

2 modi di cura verso gli altri:
a) Sottrarre agli altri la loro cura (preoccupazioni, progetti) ---> non diamo loro responsabilità dei loro progetti, scegliamo noi per loro. [inautentica]
b) Aiutiamo gli altri ad assumersi le loro cure (progetti, responsabilità) [autentica]


---> però l'uomo si rende dipendente da ciò che (in teoria) ci rende indipendente (ex, telefono o auricolare)
---> Rischio di dimenticarsi di sé: l'Esserci si comprende da quanto le cose gli permettono
---> L'uomo si cosifica (deiezione-decadimento)
------> Ancora, il rischio è di vivere un'esistenza anonima, conformista, non personale. 
Si vive in funzione degli altri e degli oggetti (si impersonale: si dice, si pensa, si fa)

Questo produce: chiacchiera (non discussione ma frasi fatte, siamo portatori di opinione), curiosità, equivoco (superficiale e vano). In una vita autentica siamo nella banalità.
"Così si fa, così si vive". La curiosità nella vita autentica è curiosità superficiale, quella delle informazioni veloci, per il gossip e simili.
Il Dasein resta nell'equivoco: si parla ma non si dice nulla.
---> Vive nella paura di qualcosa di indeterminato. Cade continuamente nel già deciso.

In questo contesto non realizziamo autenticamente la nostra esistenza. (Per quanto non ci sia una distinzione netta tra chi vive autenticamente o inautenticamente: tutti partono dalla banalità, poi qualcuno ne esce)

Siamo un "progetto gettato" ma se lasciamo che decidano gli altri o ci facciamo influenzare delle cose perdiamo il nostro progetto, la nostra autenticità.

Come passo da un'esistenza inautentica ad una autentica?

Attraverso l'unica possibilità certa e davvero mio: la morte.

Sarà la nostra morte, non di qualcun altro. ---> allora dovremo "esserci-per-la-morte"
---> considerare che non siamo immortali. 

Questo atteggiamento ci angoscia, ma di fronte al termine siamo disposti (o costretti) a fare qualcosa della nostra vita. Nella vita inautentica non la si affronta. 
Nell'angoscia siamo davanti al nulla: l'ultima possibilità che cancella tutte le altre.

         "L'angoscia è la disposizione fondamentale che ci mette di fronte al nulla."

Quando affrontiamo la morte possiamo sentire la voce della coscienza, che ci spinge ad essere davvero chi siamo per staccarci dalla vita inautentica.

Nella vita autentica recupero il futuro (morte-progetto) ma anche il passato (storicità autentica: tradizione, destino). In questo contesto anche il passato si sceglie come appartenenza. 

Scopriamo che non abbiamo un tempo infinito: quindi ci chiediamo quale attività, quale abitudine ha un senso (è autentica) e quale non lo ha (è inautentica)

Di fronte al limite, alla morte, ci chiediamo davvero che cosa siamo.
E dovremmo scegliere qualcosa che ci determina, che rende ogni piccola scelta un tassello di un percorso più grande.  
[ogni singolo esame dello studente come percorso professionale, ex]

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La svolta (Sentieri interrotti, 1950)

Seconda fase: linguaggio, tecnica, anti-umanismo

Ma torniamo alla domanda essenziale: cos'è l'Essere?

Abbiamo tentato di capirlo tramite l'uomo (Dasein), ma per H. non basta. Si corregge.
---> allora dobbiamo ripartire dall'Essere. Capire il senso dell'uomo partendo dall'Essere e non viceversa. Mirare direttamente all'Essere.

Questo capovolgimento, per H, è stato fatto non solo da lui, ma dalla cultura occidentale.
[Studiare gli enti (Uomini, Dio, Natura, Tecnica...) per capire il senso delle cose]
Anche Nietzsche, ammirato da H, ha "ucciso" Dio, ma l'ha sostituito con l'oltreuomo: sempre un ente è.

Bisogna staccarsi dall'ente, partendo dal niente (assenza di enti) ---> ciò che scorgiamo al di là degli enti (l'orizzonte, lo sfondo). Ma allora il niente rende possibile l'ente.

Allora l'Essere è il niente? Entrambi sono la radura, lo sfondo degli enti.
---> la condizione originaria di tutto ciò che è.

Capire l'Essere è anche affrontare il problema della verità.
Ma anche qui la scienza e la filosofia hanno frainteso: la verità non si domina.
E' un problema dell'Essere, non dell'uomo.
----> L'Essere è apertura, e permette l'incontro con la verità ---> si disvela e si oscura, esso è mistero perché possibilità.
Invece la metafisica si è dimenticata del suo oggetto: ha ridotto l'Essere agli enti.
----> Bisogna ripartire da zero. Critica Nietzsche perché il suo oltreuomo è un iperbole dell'umanismo: l'uomo crea il senso. 
Quella di H. invece vuole essere una filosofia anti-umanista (in questo critica Sartre e il suo "l'esistenzialismo è un umanismo"). 

Un'altra critica è rivolta al dominio della natura: la tecnica. Essa è infatti l'apice dell'umanismo e dell'umanizzazione dell'Essere. 
H. interpreta la volontà di potenza di Nietzsche come apice della tecnica. (!) Ma la tecnica ci impedisce di vedere l'orizzonte, l'Essere.

Per H. L'Essere è dinamico, muta. Profetizza un'epoca post-tecnica e post metafisica e forse concederà la scoperta di questo orizzonte.

Ma restando alla nostra epoca: cosa può rivelare l'Essere se la filosofia ha fallito?
L'arte, specie quella poetica.
Bisogna però passare dal nichilismo assoluto per lasciare spazio a quel tipo di arte.

Un'opera è reale come opera soltanto se noi stessi ci sottraiamo alla nostra abitudinarietà ed entriamo in ciò che l'opera apre, per condurre il nostro essere stesso a soggiornare nella verità dell'ente. 

L'arte concede (illumina) il senso (luce) le cose: in questo atteggiamento si superano gli enti e si aprono nuovi scenari. 
Non è però l'artista a svelare l'Essere: egli diviene un tramite per la sua luce. 

L'arte è una auto-rappresentazione dell'Essere. Non è "cosa tra le cose", non bisogna farne un mero prodotto culturale \ classificatorio. Ciò che importa per H. è il momento creativo che l'ha originata, farsi quella domanda per trovarne l'urgenza.

- Chi pone la domanda: l'Essere all'esserci ---> cosa mi scatta/succede durante la percezione?

Attua allora una svolta linguistica: L'Essere (soggetto) si rivela all'uomo. 
E' un accadimento che si rivela tramite il linguaggio (la casa dell'Essere)

Per H. l'uomo è l'animale che vive nel linguaggio: per noi le parole sono l'apertura all'Essere. Ma è complesso analizzare del linguaggio: lo devo fare sempre con le parole.

L'uomo non inventa un linguaggio, nasce "dentro" a un linguaggio, e questo condiziona il pensiero. Però, anche l'Essere si delinea nei limiti delle parole. 

---> L'uomo non è il padrone della Casa (linguaggio) dell'Essere: egli ne è servo.

L'uomo è quindi un pastore dell'Essere: l'uomo deve ascoltarlo. Ricevere la sua chiamata.

Il linguaggio poetico secondo H. è quello più adatto a cogliere l'Essere.
---> perché è il linguaggio poetico, con le sue pieghe, con le sue metafore a poter cogliere l'Essere.
----> il linguaggio poetico mostra una radura, uno sfondo e una luce: si può alludere all'Essere ma non si può descriverlo oggettivamente.
Per H. "ogni civiltà è figlia della sua poesia" (e non viceversa).

Allora la filosofia che scopo ha? Quello di studiare il linguaggio e rifletterci ---> ermeneutica: la sua analisi, la sua interpretazione. 

L'ontologia diviene ermeneutica. ---> studi sulla scomposizione delle parole, dell'etimo, del linguaggio. (etimologia)
Poesia e analisi del linguaggio sono gli unici appigli per cogliere in qualche modo l'Essere.
L'uomo lo segue, si fa suo pastore per sentire la sua parola. 
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Schemi Heidegger




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Approfondimenti

- Heidegger e il Nazismo - intervista allo Spiegel 1966

mercoledì 11 luglio 2018

Schopenhauer e Kierkegaard

Arthur Schopenhauer, 1788- 1860

(Danzica22 febbraio 1788 – Francoforte sul Meno21 settembre 1860)
“Solo la luce che uno accende a se stesso, in seguito risplende anche per gli altri”.

Opera fondamentale: 

Il mondo come volontà e rappresentazione  (1819)

La sua filosofia nasce come opposta a quella dell'idealismo hegeliano: lo definisce "uno sciupatore di carta, di tempi e di cervelli". 

S. Torna a Kant e alla sua gnoseologia. In particolare alla differenza tra noumeno (cosa in sé) e fenomeno (cosa per sé, percepita nello spazio nel tempo).

Spazio e tempo in S. sono principi di individuazione: percepiamo il fenomeno qui e ora.

Le caratteristiche del fenomeno vengono unificati tramite le categorie (penna, rossa, a punta fine...)



Le 12 categorie kantiane (3 tipologie per 4 principi) vengono però risolte nella causalità di qualche tipo  (logica, fisica, morale, numerica...) che mi permette di unificare le mie percezioni in un certo modo. 
Quadruplice principio di ragione: divenire (causalità naturale), sapere (causalità logica), saggezza (conoscenza universale: geometria e matematica, S e T), azione (causalità soggettiva)
Il noumeno, per S. è conoscibile ma non come per l'idealismo: non crede nello spirito o nelle idee che si "razionalizzano - attualizzano".
S. si chiede se c'è qualcosa che possiamo sentire senza l'uso dei sensi o della ragione. 
Tra le varie rappresentazioni, ce n'è una particolare: il corpo.
Esso è oggetto rappresentato, ma è anche comunicatore di qualcosa di diverso: la volontà.
Quando la si scopre, si lacera il velo di Maya (illusione).
La volontà di esistere: fame, istinto, desiderio... prima di essere tali sono ignoti. 
Prima di essere razionalizzati, quegli istinti appartengono alla volontà cieca. 


La volontà cieca è assoluta, unica, fuori dal tempo. 
Tutto, prima di essere rappresentato è volontà: spirito di conservazione. 
Il mondo vuole essere, perché è oggettivazione della volontà. 
Essa si articola per gerarchie: oggetti, piante, animali, uomini. 
Aumentano i desideri e le specificazioni della volontà. 
(sugli animali: 
"Questa dedizione totale al presente, propria degli animali, è la precipua causa del
piacere che ci danno gli animali domestici. Essi sono il presente personificato e ci
rendono sensibile il valore di ogni ora di pace e di tranquillità, mentre noi col nostro
pensiero andiamo al di là di essa e la lasciamo passare inavvertita".)

La volontà non ha scopo, non ha causa, non ha fine. 
La volontà vuole senza sosta. Ogni soddisfazione raggiunta la rigenera e forma un nuovo bisogno.

-- La cosa in sé è quindi priva di dimensione spaziotemporale, è incausata, irrazionale ed
unica: il noumeno è allora la volontà, cui vanno ricondotte anche le forze naturali e che
è conoscibile attraverso il corpo, che rappresenterebbe la sua oggettivizzazione
primaria. --

Vogliamo, perennemente insoddisfatti, nel dolore. Riusciamo a rasserenarlo temporaneamente in un briciolo di felicità (cessazione effimera del dolore), fino al prossimo bisogno.
Nel mezzo, c'è la noia: che ci mostra il vuoto. 

"La vita è un pendolo tra la noia e il dolore". --> 
tragicità dell'esistenza umana nel perpetuarsi della Volontà
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Il Reale è irrazionale: non vi è nessuno scopo, nessun progresso. 
La storia è la storia delle follie dei bisogni della volontà, e non ha alcun senso. 
L'uomo è la più povera delle creature, perché la sua intelligenza lo spinge a più bisogni. Li inventa. Crea la sua infelicità in modi sempre più fantasiosi.
« Se ad un Dio si deve questo mondo, non ci terrei ad essere quel Dio: l'infelicità che vi regna mi strazierebbe il cuore. »
Anche l'amore, in questo contesto è una trappola della volontà per perpetuare l'esistenza umana. 
"Gli sguardi di due innamorati che si incrociano pieni di desiderio: sono l’espressione più pura della volontà di vivere nella sua affermazione"
"Sposarsi significa dimezzare i tuoi diritti e raddoppiare i tuoi doveri.
Nel mondo non si ha altra scelta che quella tra la solitudine e la volgarità.
L’amore è il grande agguato che la natura ha teso agli uomini per propagarne la specie."
Il pessimismo

La sua triplice forma:
Cosmico: contro Hegel, l'unica ragione della volontà è il suo perpetuarsi, non esiste nessuno schema razionale, nessun senso ultimo.
Antropologico: come in Hobbes e contro Rousseau, il conflitto sociale è inevitabile, siamo spinti dai nostri bisogni e desideri. --> egoismo naturale
Storico: La storia è un perpetuarsi ciclico di errori, non una "ragione che si concretizza".


Ci sono però 3 vie per liberarci dalla volontà (e delle sue catene di desiderio--> bisogno --> insoddisfazione --> desiderio): 

1) L'arte, se seguita in modo disinteressato (contemplazione) ci permette temporaneamente di dimenticarci del nostro bisogno \ dolore, perdiamo il tempo e la nostra identità.

Sulla musica:

«La musica oltrepassa le idee, è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico, semplicemente
lo ignora, e in un certo modo potrebbe continuare ad esistere anche se il mondo non esistesse più:
cosa che non si può dire delle altre arti. La musica è infatti oggettivazione e immagine dell'intera
volontà, tanto immediata quanto il mondo, anzi, quanto le idee, la cui pluralità fenomenica costituisce il
mondo degli oggetti particolari. La musica, dunque, non è affatto, come le altre arti, l'immagine delle
idee, ma è invece immagine della volontà stessa, della quale anche le idee sono oggettività: perciò
l'effetto della musica è tanto più potente e penetrante di quello delle altre arti: perché queste esprimono
solo l'ombra, mentre essa esprime l'essenza.( [...] )

Rossini, La gazza ladra



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Perché mai dovremmo utilizzare tutti il nostro potere creativo?


Perché non vi è nulla che rende le persone così generose, gioiose, vivaci, audaci e compassionevoli, così indifferenti alla guerra e all'accumulare oggetti e denaro.

(Brenda Ueland).

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Estetica
«Il genio consiste dunque in un eccesso anormale
dell‟intelletto, il quale può essere utilizzato solo rivolgendolo alla generalità dell‟esistenza. […] Per rendere assai comprensibile la cosa si potrebbe dire: se l‟uomo normale ha 2/3 di volontà ed 1/3 di intelletto; il genio invece ha 2/3 di intelletto ed 1/3 di volontà»,
A. Schopenhauer, Supplementi al
“Mondo”, cit., p. 390.

2) L'etica: la ragione ci permette di riconoscere la giustizia. 
Ex: non fare agli altri ciò che non vorresti essere fatto a te. Agire correttamente mette a freno la propria volontà: non desidero quanto non mi posso permettere, perché rubare è sbagliato.

Inoltre, se mi comporto con giustizia, posso essere mosso da compassione
--> viviamo nello stesso dolore, possiamo provare pietà\empatia per gli altri perché siamo simili.
---> l'altruismo può sollevarmi (anche se il bisogno dell'altro lo soddisfi solo temporaneamente, hai limitato la tua volontà).
Ma anche l'etica non è una risposta definitiva.


3) L'ascesi (noluntas)
Bisogna allora Rinunciare alla volontà: povertà, castità, semplicità --> assenza di dolore e movimento verso la beatitudine.



*schemi di Jacopo Nacci (oilproject)

ALTRO
Diritti degli animali
« Quando studiavo a Göttingen il professor Blumenbach ci parlò molto seriamente, nel corso di fisiologia, degli orrori delle vivisezioni e ci fece notare come esse fossero una cosa crudele e orribile. [...]
 Invece oggi ogni medicastro si crede autorizzato a effettuare nella sua stanza delle
torture gli atti più crudeli nei confronti delle bestie [...] Nessuno è autorizzato a effettuare
vivisezioni. [...] Si ha pietà di un peccatore, di un malfattore, ma non di un innocente e fedele
animale che spesso procura il pane al suo padrone e non riceve che misero foraggio. «Aver pietà»! Non già pietà, ma giustizia si deve all'animale!? »
(L'arte di insultare)
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« La pietà per gli animali è talmente legata alla bontà del carattere che si può a colpo sicuro sostenere che un uomo crudele verso gli animali non può essere un uomo buono »
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L'accusa di ipocrisia di Kierkegaard
 «In secondo luogo (e questa è un'obiezione capitale) quando si è letta da capo a fondo l'Etica di A.S., si arriva a sapere (onesto fin qui egli naturalmente lo è) che per suo conto egli non è un simile asceta. 
Dunque lui stesso non è la contemplazione raggiunta per via dell'ascesi, ma una contemplazione che si rapporta contemplando quell'ascesi... Ma anche a questo modo la cosa non va, perché è sempre uno sbaglio esporre un'etica che non esercita sul maestro tale potere così che egli stesso l'esprima nella sua vita.
A.S. però fa dell'Etica una specie di genialità: ma è proprio questa la considerazione amorale della morale».
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(La prima critica riguarda l'idea che l'empatia aiuti a condividere il dolore, ma S. non avrebbe il coraggio di affrontare  per conto suo "la cosa estrema")
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Søren  Kierkegaard 
1813 - 1855, Copenhagen
“Osare è perdere momentaneamente un appiglio; non osare è perdere se stessi”.


« Non c’è nulla che spaventi di più l’uomo che prendere coscienza dell’immensità di cosa è capace di fare e diventare. »
(Søren Kierkegaard)

« Ciò che veramente mi manca è di capire chiaramente me stesso, quello che devo fare, non quello che devo conoscere. […] Trovare una verità che è verità per me, trovare l’idea per la quale devo vivere e morire […] A cosa mi servirebbe dimostrare l’importanza del cristianesimo, poter chiarire molti singoli fenomeni, se esso non avesse per me un significato più profondo? […] Che cosa è la verità se non vivere per un’idea? »
(Søren Kierkegaard)


(Su Schelling)
“Caro Pietro! Schelling chiacchiera in un modo del tutto insopportabile. Se vuoi avere un’idea, vorrei pregare te, per tuo proprio supplizio, anche se liberamente assunto, di sottoporti al seguente esperimento. Immaginati il filosofare a spizzico del pastore Rothe, la sua completa incompetenza nel campo della scienza, pensa poi all’instancabilità del fu pastore Hornyld nel far sfoggio di erudizione, immaginati tutto questo ben vivo nella tua povera testa, e va’ poi all’officina di una galera o nella sentina dei forzati, e potrai avere un’idea della filosofia schellinghiana e della temperatura a cui tocca sentirla. Ora, per inasprire ancora di più il suo metodo, ha avuto l’idea di voler leggere più a lungo del solito, a me invece è venuta l’idea di piantarlo una volta per sempre. Si tratta di sapere quale delle due idee è la migliore. A Berlino io non ho più niente da fare… Io son troppo vecchio per stare a sentire lezioni, ma Schelling è troppo vecchio per tenerle. Tutta la sua teoria sulle potenze rivela la più grande impotenza… Credo che mi sarei completamente rimbecillito, se avessi continuato ad ascoltare Schelling. Tuo fratello, S. K.”
In Barfod, Eft. Pap I, 314; fonte riportata in nota a Diario, ed. BUR cit., p. 206.

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VITA

Famiglia religiosa e severa, protestante (pietismo), piccolo borghese.
Ultimo di sette fratelli, quando è giovane muore sia la madre sia 5 tra fratelli e sorelle.--> 

senso di colpa religiosa? Il padre parla di una maledizione dopo la morte della prima moglie. 

Non avrà una carriera universitaria o religiosa, ma di teologo e scrittore. 

Si innamora di Regina Olsen e conosce la sua famiglia e i due si fidanzano ma, senza motivo, K. interrompe di netto quella storia, senza motivi apparenti. "La scheggia nelle carni" (?)

La donna anni dopo si sposa con un commerciante molto più vecchio, K. la incontra di nuovo molti anni dopo senza dirle nulla. --> Problema della scelta (?)

Sceglie una via di meditazione e studia ma frequenta vari circoli culturali in Danimarca e a Berlino.

Avvia una polemica con i cristiani "conformisti" danesi e con il giornale satirico "il corsaro".

Muore dopo una caduta a 42 anni, forse già malato.


OPERE PRINCIPALI

SUL CONCETTO DI IRONIA (1841) (CONTIENE: DIARIO DI UN SEDUTTORE)

TIMORE E TREMORE (1843)

AUT-AUT (1843)

BRICIOLE DI FILOSOFIA (1844)

IL CONCETTO DELL'ANGOSCIA (1844)

LA MALATTIA MORTALE (1849)

PSEUDONIMI: Victor Eremita, Johannes de Silentio, Constantin Constantius, Anti-Climacus...

FILOSOFIA

Ironia socratica: essa ha casa nella contraddizione, ma quella confutazione ti permette di liberarti e muoverti verso la conoscenza. La vita per K. è spesso contraddittoria. 
Noi siamo contraddizioni.

L'importanza del singolo ---> "verità accademica e verità per me"

K. Non cerca di fondare la conoscenza o lo spirito. 
Gli interessa indagare l'esistenza, la vita. 

L'irripetibilità e la specifica dell'esistenza umana contro l'umanità o lo spirito hegeliano che
confondono ogni cosa, privando la responsabilità e cancellando i dettagli.

Ex di Socrate -> pensatore esistenziale, coinvolge Tutta la propria esistenza nella riflessione
filosofica.

La verità per me è una verità vissuta. "Che comprende me stesso nell'esistenza"
[Cfr Buddismo: la verità della freccia, e quel che penso della freccia]

[[L'astronomo di Walt Whitman

Quando ascoltai l'erudito astronomo,
Quando le dimostrazioni, i numeri, furono dispiegati dinanzi a me,
Quando le carte e i diagrammi mi furono mostrati per sommarli, dividerli e misurarli,
Quando ascoltai trepidante l'astronomo nell'aula delle sue famose lezioni,
Quanto inspiegabilmente presto divenni esausto e sofferente,
Fino a quando alzandomi e scivolando via iniziai a vagare in solitudine,
Nell'umida e misteriosa aria notturna, e secondo dopo secondo,
Volsi lo sguardo alle stelle nel perfetto silenzio. 

W.W.]]

La vita è la possibilità, la vertigine della scelta.
 Quando si sceglie, si investe su una cosa e si esclude tutto il resto.






- IL RAPPORTO CON HEGEL (FILOSOFIA DOMINANTE DELL'EPOCA, in Europa)

Hegel era un filosofo ottimista e razionalista. 
Ma la sua è una filosofia astratta: non incontro lo spirito, non incontro l'uomo. 

In K. Incontro il singolo e tutto il suo vissuto. L'uomo è definito dalla sua singolarità. 

La sua critica non mira a "rovesciare" Hegel, mira alla sua essenza: 
H. aveva dimenticato quello che siamo: il singolo, l'esistenza, l'uomo --> la vita che viviamo, le scelte che compiamo.

Non c'è una ragione universale, ma la fragilità degli individui. Ha quindi una prospettiva diversa anche da Schopenhauer (dove la volontà colpiva tutti).

Il male non c'è in natura (non il terremoto, non la mantide), ma nell'uomo sì, in quanto si ha scelta. Non necessità.

IL TEMA DELL'ESISTENZA

L'esistenza è possibilità negativa. --> paralizzante in quanto possibilità che sì e che no.
Dobbiamo scegliere: non scegliere è una scelta. Nessuna scelta garantisce il lieto fine.

Ogni scelta comporta la perdita delle altre strade --> siamo discepoli dell'angoscia.
Possiamo sempre perdere quello che ci costituisce.

Tra alternative significative non c'è equilibrio, c'è instabilità: angoscia.
L'angoscia è una costante nella vita dell'uomo. Stabilisce il rapporto tra l'io e il mondo come la vertigine della libertà.






Un elemento di certezza è avere fede, ma averla è fare un salto impossibile e irrazionale.
Credere nella salvezza senza motivo per farlo.

Il dissolvimento dell'io in Hegel è un errore etico: il mio dolore è quello che sento. 
La mia scelta è tutto. Il singolo di fronte a Dio. Gesù è morto da solo, non nella Ragione.

I 3 STADI ESISTENZIALI per tentare di fuggire all'angoscia

Modi fondamentali di stare al mondo.

Tra questi non vi è riconciliazione tra elementi opposti, come in Hegel (tesi, antitesi, sintesi) ma un aut aut: o una cosa o l'altra, non posso stare in due stadi contemporaneamente.


STADIO (vita) ESTETICO  (Don Giovanni)

Il seduttore, l'edonista che cerca il piacere, il divertimento.
 Il seduttore è quello che sceglie di non scegliere. Andrà sempre in cerca del nuovo.
Non una donna, non un lavoro, non una casa --> il dinamismo dell'esistenza
Colui che vive una vita di istanti e di desideri (carpe diem) ma senza progetto, senza responsabilità. Senza fallimento. 
---> trasformare la vita in un'opera d'arte (Andrea Sperelli)
Si rischia di cadere nella vanità e nell'inutilità.

MA il rischio è scivolare nella disperazione. Tutti i fiammiferi diventano uguali.
Si cade nella vanità, nel vuoto di senso. 


La disperazione è connessa all'angoscia, ma stabilisce il rapporto dell'io con se stesso.
Se l'io si accetta e si vuole, si trova di fronte all'infelicità di non poter raggiungere la percezione infinita che ha di sé.
Se non si accetta, non può in ogni caso uscire dal rapporto che ha con se stesso: è costitutivo della vita stessa. 

Il tedio non è la malattia della noia di non aver nulla da fare, ma una malattia più grave: sentire che non vale la pena di fare niente.
-- Fernando Pessoa

Si potrebbe allora pensare che "fare una scelta", prendersi le responsabilità sia la via migliore.

(una cosa sola)

---> Si può passare oltre per scegliere la

VITA ETICA (il marito \ la moglie)

Qui la scelta è legata al dovere, alla responsabilità (kantiana).
Come padre, marito, lavoratore, all'interno dell'eticità normale del progetto.
Fedeltà, ripetizione, quotidianità ---> conformismo
Si sceglie l'ordinario al posto dello straordinario, si sceglie sempre la stessa cosa.
Si è scelto una volta per tutte per tenere a bada l'angoscia. 

E' un aut aut, o il progetto o il desiderio. Non si può alternare. 
Ma anche questa costruzione, questa vita rischia di degradarsi, nella disperazione.
Ogni scelta fa comunque risorgere il dubbio, anche nello stadio etico, perché si prova la sensazione di essersi persi adeguandosi.




Non troviamo quindi un senso ultimo neppure nel progetto. 

C'è solo una salvezza, che è

LA VITA RELIGIOSA (Abramo)

Un salto paradossale nella fede.
La scelta abissale. 
Però dovrebbe essere la scelta verso il bene, verso l'eternità di Dio.

esempio: Abramo serve Dio a tal punto da voler sacrificare l'unico figlio Isacco.
Dio lo mette alla prova e gli chiede di ucciderlo. (la scelta)

Viene salvato ma lo avrebbe ucciso. 

Non si può dimostrare Dio, si può solo fare un salto: "Dove l'acqua ha la profondità di 70.000 piedi".
"Credo all'assurdo, credo quia absurdum". (contro Agostino)

La fede vince l'angoscia ma è una scelta paradossale, rischiosa e solitaria.
(prego Dio affinché mi doni la fede, ma per pregare devo avere fede)




Approfondimento: Irrational man, W. Allen
Woody Allen e Kierkegaard 



Oltre l’angoscia…




Fonti, esempio: storia della scuola e oggetti che parlano

 Documenti e foto di repertorio: la scuola negli anni Foto 1 Foto 2 Foto 3 Foto 4 POSSIBILE INTERVISTA ALLO "STUDENTE DEL PASSATO"...