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lunedì 20 febbraio 2023

Hannah Arendt

 


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Nasce nella città di Kant (Königsberg): è tedesca, di origine ebraica. Studia filosofia fin da giovane, sarà allieva di Heidegger, con il quale avrà una relazione.
Con il nazismo (1933) si trasferisce prima in Francia, poi, con la seconda guerra mondiale, negli USA.
Qui insegnerà in diverse università, scriverà i testi principali e prenderà la cittadinanza.

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Le basi vengono accettate come pilastri e formano la vita e la società dei cittadini. 
Ex, nazismo: I tedeschi tra le due guerre erano in una crisi economica enorme, e anche la cultura non aiutava a trovare un senso. 
---> Si attaccano gli ebrei come "parassiti" che stanno rovinando l'economia. 
---> E' una concezione non provata e irrazionale, ma il concetto viene ripetuto continuamente
(“Più grande la menzogna più grandi le probabilità che venga creduta.”)
Una volta accettata la base, derivano però conseguenze sequenziali
---> Se gli ebrei sono pericolosi, allora vanno fermati, cacciati, eliminati...
---> Tutto si basa su quell'assurdità di partenza.
---> Ci si allinea a quel "super senso" che ricostruisce lo smarrimento precedente "spiegando tutto". 
----> Trovare una spiegazione (semplicistica) che collega tutto talvolta è rassicurante nella complessità del mondo. 
---> Se non si resiste al vuoto o alla complessità è facile farsi sedurre da un'idea forte del genere: leader come forza della Legge; burocrazia basata sulla distanza dal capo; mitologia di cornice..

Ideologia e terrore portano all'isolamento (amici-nemici) e al conformismo: bisogna seguire il leader e l'idea di base.
---> Ma allora il rapporto relazionale perde di senso: non posso mostrarmi, devo aderire all'idea.



Approfondimenti

venerdì 17 febbraio 2023

Martin Heidegger

 Martin Heidegger (1889 - 1976)


“Nessuna epoca ha mai saputo tanto e tante diverse cose dell'uomo come la nostra. Però in verità nessuna ha mai saputo meno della nostra che cos'è l'uomo.”

 «Fenomenologia significa dunque... lasciar vedere da se stesso ciò che

si manifesta, così come si manifesta».






Opere principali:

Dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto (1915)
Per la determinazione delle filosofia (1919)
Fenomenologia della vita religiosa (1919–20)
Ontologia. ...
Il concetto di tempo (1924)
Prolegomeni alla storia del concetto di tempo (1925)
Essere e tempo (1927)
  • Che cosa significa pensare? (1954)
  • In cammino verso il linguaggio (1959)
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Cenni di vita

Studia a Marburgo e Friburgo. Diventa allievo del fondatore della fenomenologia: Husserl
Ottiene una cattedra ed ha importanti allievi come H. Arendt e Gadamer o Jonas.

Nel 1933 diviene rettore all'università di Friburgo, succedendo al maestro Husserl.
Qui pronuncia un discorso "l'autoaffermazione dell'università tedesca"; 
[elementi interpretativi: volere o dovere?]
Dopo pochi mesi si dimette; nel ventennio successivo fa ricerca ma è meno attivo in pubblico.
Nel 1945 alla fine della guerra si attiva un processo di epurazione nazista. 
---> H. subisce un'inchiesta e viene sospeso dall'insegnamento, specie per il parere di Jaspers

---> Viene reintegrato nel 1949, anche grazie alla Arendt.

Nel 1936 pubblica un saggio su Holderlin e la poesia: vi è un cambio di indagine --> per L'Essere, il linguaggio, la poesia. 


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Le due fasi filosofiche

Il pensiero di Heidegger può essere suddivisa in due fasi
La prima dura fino al 1936. [saggio su Holderlin]
Nella prima l'opera principale è Essere e Tempo, dove si studia soprattutto l'uomo. 
Nella seconda l'oggetto principale delle sue ricerche è l'Essere. [opera principale: sentieri interrotti, 1950]
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La prima fase (Essere e Tempo, 1927)

 Abbiamo noi oggi una risposta alla domanda intorno a ciò che propriamente intendiamo con la parola «essente»? Per nulla. È dunque necessario riproporre il problema del senso dell'essere. Ma siamo almeno in uno stato di perplessità per il fatto di non comprendere l'espressione «essere»? Per nulla. È dunque necessario incominciare col ridestare la comprensione del senso di questo problema. Lo scopo del presente lavoro è quello della elaborazione del problema del senso dell'«essere». Il suo traguardo provvisorio è l'interpretazione del tempo come orizzonte possibile di ogni comprensione dell'essere in generale.

H. Torna al problema originario della filosofia: l'Essere (quello di Parmenide, sì).
L'Essere sembra indefinibile. Non appartiene a un insieme (genere prossimo che lo contenga).

L'Essere non è neppure "semplicemente" la somma degli enti concreti: esso trascende la realtà transeunte della vita quotidiana.

Non basta dire che l'Essere è; il non Essere non è. 
--> L'essere è indefinibile (non può essere delimitato in quanto non ha fine)
 [in relazione allo spazio]

---> In [relazione al tempo] L'Essere continua a sfuggirci: come già diceva Agostino, il passato è fuggito, il futuro non è ancora, il presente è troppo instabile. 

Anche l'Essere studiato da Platone (idea) o quello di Aristotele (sostanza) rappresentano soluzioni che non sembrano "esserci" nella realtà.
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Da Cartesio in poi il problema di sposta dal piano ontologico a quello gnoseologico
---> Non Cos'è Questo; ma Come conosco questo?

Heidegger riprende quel "problema dimenticato"
--> Qual è il senso dell'Essere?
---> Si chiede allora: chi è quell'essere che si pone la domanda sull'Essere?
L'uomo.
Il suo modo d'essere (sein) è l'esistenza --> l'esserci (Dasein): l'uomo è sempre gettato nel mondo. Non sceglie quando come perché nascere. Si trova in un ambiente che lo determina.
Non è ente come gli altri. Si interroga: tenta di comprendere e comprendersi.

E' necessaria una "analitica esistenziale" ---> analizzare i modi di vita dell'uomo. (Anche se H. rifiuta l'etichetta di esistenzialista): lui ha come priorità la ricerca sull'Essere più che sull'uomo. ---> sguardo fenomenologico sull'esistenza: come le cose arrivano alla coscienza

Non è la ricerca scientifica o comune, ma di come le cose\eventi appaiono alla nostra coscienza.
L'esserci (Dasein) è possibilità (--> Kierkegaard)

Egli è un esserci_nel_mondo. Ed esserci nel Tempo.
Egli comprende  e esiste in esso, circondato da cose e persone.
Il passato è il ricordo dell'esserci. Il futuro l'aspettativa. Il presente la cura. 
Egli vive proiettato, in una progettualità continua. 



Negli oggetti come funziona?
L'esserci di un oggetto (ex tastiera) è determinato dal suo uso, ma tale uso è tale quando "sparisce" alla mia coscienza. Non la indago, la uso. Gli oggetti permettono all'uomo di attuare la possibilità\libertà dell'uomo, a seconda della sua scelta, del suo progetto.

L'uomo vede il chiodo: questo riporta al martello, questo riporta al legno...

L'uomo si prende cura della realtà che lo circonda. Questa cura è sia trascendenza (andare oltre), sia progetto: dà significato alla realtà. 
Ogni ente non è però dato neutralmente: ha un suo contesto. Non si parte da zero.
Se leggo un libro horror, so in qualche modo cosa mi aspetta 
--> ho pregiudizi, pre-nozioni. Non siamo in una tabula rasa: siamo in un orizzonte culturale.
Posso modificare l'orizzonte, ma parto da lì. [---> spunti per l'ermeneutica]


Vale anche per gli altri uomini (esserci)L'uomo non è mai da solo: è sempre un esserci_con_gli_altri.
Delle cose ci si prende cura; delle persone si ha cura.

2 modi di cura verso gli altri:
a) Sottrarre agli altri la loro cura (preoccupazioni, progetti) ---> non diamo loro responsabilità dei loro progetti, scegliamo noi per loro. [inautentica]
b) Aiutiamo gli altri ad assumersi le loro cure (progetti, responsabilità) [autentica]


---> però l'uomo si rende dipendente da ciò che (in teoria) ci rende indipendente (ex, telefono o auricolare)
---> Rischio di dimenticarsi di sé: l'Esserci si comprende da quanto le cose gli permettono
---> L'uomo si cosifica (deiezione-decadimento)
------> Ancora, il rischio è di vivere un'esistenza anonima, conformista, non personale. 
Si vive in funzione degli altri e degli oggetti (si impersonale: si dice, si pensa, si fa)

Questo produce: chiacchiera (non discussione ma frasi fatte, siamo portatori di opinione), curiosità, equivoco (superficiale e vano). In una vita autentica siamo nella banalità.
"Così si fa, così si vive". La curiosità nella vita autentica è curiosità superficiale, quella delle informazioni veloci, per il gossip e simili.
Il Dasein resta nell'equivoco: si parla ma non si dice nulla.
---> Vive nella paura di qualcosa di indeterminato. Cade continuamente nel già deciso.

In questo contesto non realizziamo autenticamente la nostra esistenza. (Per quanto non ci sia una distinzione netta tra chi vive autenticamente o inautenticamente: tutti partono dalla banalità, poi qualcuno ne esce)

Siamo un "progetto gettato" ma se lasciamo che decidano gli altri o ci facciamo influenzare delle cose perdiamo il nostro progetto, la nostra autenticità.

Come passo da un'esistenza inautentica ad una autentica?

Attraverso l'unica possibilità certa e davvero mio: la morte.

Sarà la nostra morte, non di qualcun altro. ---> allora dovremo "esserci-per-la-morte"
---> considerare che non siamo immortali. 

Questo atteggiamento ci angoscia, ma di fronte al termine siamo disposti (o costretti) a fare qualcosa della nostra vita. Nella vita inautentica non la si affronta. 
Nell'angoscia siamo davanti al nulla: l'ultima possibilità che cancella tutte le altre.

         "L'angoscia è la disposizione fondamentale che ci mette di fronte al nulla."

Quando affrontiamo la morte possiamo sentire la voce della coscienza, che ci spinge ad essere davvero chi siamo per staccarci dalla vita inautentica.

Nella vita autentica recupero il futuro (morte-progetto) ma anche il passato (storicità autentica: tradizione, destino). In questo contesto anche il passato si sceglie come appartenenza. 

Scopriamo che non abbiamo un tempo infinito: quindi ci chiediamo quale attività, quale abitudine ha un senso (è autentica) e quale non lo ha (è inautentica)

Di fronte al limite, alla morte, ci chiediamo davvero che cosa siamo.
E dovremmo scegliere qualcosa che ci determina, che rende ogni piccola scelta un tassello di un percorso più grande.  
[ogni singolo esame dello studente come percorso professionale, ex]

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La svolta (Sentieri interrotti, 1950)

Seconda fase: linguaggio, tecnica, anti-umanismo

Ma torniamo alla domanda essenziale: cos'è l'Essere?

Abbiamo tentato di capirlo tramite l'uomo (Dasein), ma per H. non basta. Si corregge.
---> allora dobbiamo ripartire dall'Essere. Capire il senso dell'uomo partendo dall'Essere e non viceversa. Mirare direttamente all'Essere.

Questo capovolgimento, per H, è stato fatto non solo da lui, ma dalla cultura occidentale.
[Studiare gli enti (Uomini, Dio, Natura, Tecnica...) per capire il senso delle cose]
Anche Nietzsche, ammirato da H, ha "ucciso" Dio, ma l'ha sostituito con l'oltreuomo: sempre un ente è.

Bisogna staccarsi dall'ente, partendo dal niente (assenza di enti) ---> ciò che scorgiamo al di là degli enti (l'orizzonte, lo sfondo). Ma allora il niente rende possibile l'ente.

Allora l'Essere è il niente? Entrambi sono la radura, lo sfondo degli enti.
---> la condizione originaria di tutto ciò che è.

Capire l'Essere è anche affrontare il problema della verità.
Ma anche qui la scienza e la filosofia hanno frainteso: la verità non si domina.
E' un problema dell'Essere, non dell'uomo.
----> L'Essere è apertura, e permette l'incontro con la verità ---> si disvela e si oscura, esso è mistero perché possibilità.
Invece la metafisica si è dimenticata del suo oggetto: ha ridotto l'Essere agli enti.
----> Bisogna ripartire da zero. Critica Nietzsche perché il suo oltreuomo è un iperbole dell'umanismo: l'uomo crea il senso. 
Quella di H. invece vuole essere una filosofia anti-umanista (in questo critica Sartre e il suo "l'esistenzialismo è un umanismo"). 

Un'altra critica è rivolta al dominio della natura: la tecnica. Essa è infatti l'apice dell'umanismo e dell'umanizzazione dell'Essere. 
H. interpreta la volontà di potenza di Nietzsche come apice della tecnica. (!) Ma la tecnica ci impedisce di vedere l'orizzonte, l'Essere.

Per H. L'Essere è dinamico, muta. Profetizza un'epoca post-tecnica e post metafisica e forse concederà la scoperta di questo orizzonte.

Ma restando alla nostra epoca: cosa può rivelare l'Essere se la filosofia ha fallito?
L'arte, specie quella poetica.
Bisogna però passare dal nichilismo assoluto per lasciare spazio a quel tipo di arte.

Un'opera è reale come opera soltanto se noi stessi ci sottraiamo alla nostra abitudinarietà ed entriamo in ciò che l'opera apre, per condurre il nostro essere stesso a soggiornare nella verità dell'ente. 

L'arte concede (illumina) il senso (luce) le cose: in questo atteggiamento si superano gli enti e si aprono nuovi scenari. 
Non è però l'artista a svelare l'Essere: egli diviene un tramite per la sua luce. 

L'arte è una auto-rappresentazione dell'Essere. Non è "cosa tra le cose", non bisogna farne un mero prodotto culturale \ classificatorio. Ciò che importa per H. è il momento creativo che l'ha originata, farsi quella domanda per trovarne l'urgenza.

- Chi pone la domanda: l'Essere all'esserci ---> cosa mi scatta/succede durante la percezione?

Attua allora una svolta linguistica: L'Essere (soggetto) si rivela all'uomo. 
E' un accadimento che si rivela tramite il linguaggio (la casa dell'Essere)

Per H. l'uomo è l'animale che vive nel linguaggio: per noi le parole sono l'apertura all'Essere. Ma è complesso analizzare del linguaggio: lo devo fare sempre con le parole.

L'uomo non inventa un linguaggio, nasce "dentro" a un linguaggio, e questo condiziona il pensiero. Però, anche l'Essere si delinea nei limiti delle parole. 

---> L'uomo non è il padrone della Casa (linguaggio) dell'Essere: egli ne è servo.

L'uomo è quindi un pastore dell'Essere: l'uomo deve ascoltarlo. Ricevere la sua chiamata.

Il linguaggio poetico secondo H. è quello più adatto a cogliere l'Essere.
---> perché è il linguaggio poetico, con le sue pieghe, con le sue metafore a poter cogliere l'Essere.
----> il linguaggio poetico mostra una radura, uno sfondo e una luce: si può alludere all'Essere ma non si può descriverlo oggettivamente.
Per H. "ogni civiltà è figlia della sua poesia" (e non viceversa).

Allora la filosofia che scopo ha? Quello di studiare il linguaggio e rifletterci ---> ermeneutica: la sua analisi, la sua interpretazione. 

L'ontologia diviene ermeneutica. ---> studi sulla scomposizione delle parole, dell'etimo, del linguaggio. (etimologia)
Poesia e analisi del linguaggio sono gli unici appigli per cogliere in qualche modo l'Essere.
L'uomo lo segue, si fa suo pastore per sentire la sua parola. 
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Schemi Heidegger




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Approfondimenti

- Heidegger e il Nazismo - intervista allo Spiegel 1966

Fonti, esempio: storia della scuola e oggetti che parlano

 Documenti e foto di repertorio: la scuola negli anni Foto 1 Foto 2 Foto 3 Foto 4 POSSIBILE INTERVISTA ALLO "STUDENTE DEL PASSATO"...