Nasce nella città di Kant (Königsberg): è tedesca, di origine ebraica. Studia filosofia fin da giovane, sarà allieva di Heidegger, con il quale avrà una relazione.
Con il nazismo (1933) si trasferisce prima in Francia, poi, con la seconda guerra mondiale, negli USA.
Qui insegnerà in diverse università, scriverà i testi principali e prenderà la cittadinanza.
“Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto oppure il comunista convinto, ma le persone per le quali non c'è più differenza tra realtà e finzione, tra il vero e il falso.”
A. è una delle prime filosofe e politologhe che analizzano la politica e la struttura dei totalitarismi.
Ne studia dapprima le cause storico-sociali, quindi cerca di descriverne il modello e le cause filosofiche e psicologiche.
---> Sono caratteristici del '900.
---> Derivano da un percorso che ha origine dall'età moderna.
Studierà in modo particolare il nazismo e lo stalinismo (non il fascismo, che considera incompiuto).
In Mussolini ci fu un'ambizione totalitaria ma frustrata: si realizza, per alcuni, un "totalitarismo imperfetto".
Cause storiche del totalitarismo:
a) Antisemitismo che durante il 900 (e la fine dell'800) diviene uno strumento politico spesso propagandato ad arte (affare Dreyfus, I Protocolli dei Savi di Sion) per accentrare il potere nella mani di alcuni partiti \ dittatori
b) Imperialismo borghese che va in crisi dopo la fine della prima guerra mondiale ---> alcuni Stati non sono più sorretti nella fragilità economica del periodo ---> si erge una tendenza totalitaria
Analisi filosofica, tratti del totalitarismo
Binomio terrore\ideologia: il terrore è un tratto evidente di questi regimi. ---> violenza contro oppositori, spesso seguiti dalla polizia segreta che violano la privacy e si sfruttano spie che spezzano la solidarietà civile.
Oppure tramite campi di sterminio e concentramento (lager, gulag).
Chiunque può cadere sotto l'etichetta di sovversivo o di nemico.
---> in Germania dagli ebrei ai comunisti, in Russia ogni oppositore, anche all'interno del partito.
(La polizia segreta c'era anche in Italia: ovra,«Opera Volontaria di Repressione Antifascista)
Ma per la A. il concetto fondamentale è relativo all'ideologia ---> Deve spiegare ogni fenomeno storico per cambiare la natura umana [Nazismo --> Razza ariana contro gli ebrei; Stalinismo ---> piani quinquennali per ridisegnare il popolo russo nel perfetto bolscevico]
Questa ideologia è un riflesso della società moderna [esistenzialismo: sfugge il senso dell'esistenza]
---> Questo smarrimento viene sfruttato dai regimi totalitari --> donano loro un "super senso" che aiuta a far ritrovare una base solida, assiomatica [irrazionale, indimostrabile, autoevidente], ma sono postulati indimostrati.
Le basi vengono accettate come pilastri e formano la vita e la società dei cittadini.
Ex, nazismo: I tedeschi tra le due guerre erano in una crisi economica enorme, e anche la cultura non aiutava a trovare un senso.
---> Si attaccano gli ebrei come "parassiti" che stanno rovinando l'economia.
---> E' una concezione non provata e irrazionale, ma il concetto viene ripetuto continuamente
Una volta accettata la base, derivano però conseguenze sequenziali.
---> Se gli ebrei sono pericolosi, allora vanno fermati, cacciati, eliminati...
---> Tutto si basa su quell'assurdità di partenza.
---> Ci si allinea a quel "super senso" che ricostruisce lo smarrimento precedente "spiegando tutto".
----> Trovare una spiegazione (semplicistica) che collega tutto talvolta è rassicurante nella complessità del mondo.
---> Se non si resiste al vuoto o alla complessità è facile farsi sedurre da un'idea forte del genere: leader come forza della Legge; burocrazia basata sulla distanza dal capo; mitologia di cornice..
Ideologia e terrore portano all'isolamento (amici-nemici) e al conformismo: bisogna seguire il leader e l'idea di base.
---> Ma allora il rapporto relazionale perde di senso: non posso mostrarmi, devo aderire all'idea.
- Vita activa. La condizione umana (1958)
A. analizza ancora la politica moderna confrontandola con la polis greca per rendere evidenti alcuni passaggi storico-politici.
I totalitarismi non sono delle comete o delle pure eccezioni ma sono figli della nostra cultura.
La filosofa ne analizza i rischi.
---> A. rileva 2 condizioni della vita umana
a) Vita attiva
b) Vita contemplativa
Per i greci (Platone, Aristotele) questi 2 aspetti erano connaturati alla natura umana.
Per la A. e l'esistenzialismo l'attività e la contemplazioni sono situazioni particolari di vita, non sono qualcosa di naturale.
La vita attiva viene costituita da 3 diverse forme: lavoro [animale lavorante], operare [uomo che agisce], agire [uomo politico].
1) Lavoro ---> Attività per sostenersi e produrre oggetti di consumo [sopravvivenza]; sono prodotti che si consumano a breve. Questo "lavoro" è tipico sia dell'uomo sia dell'animale.
---> Tale lavoro in Grecia antica era demandato ai non liberi (schiavi e donne)
"Il lavoro consuma l'energia vitale"
2) Operare ---> Non si tratta di produrre beni di consumo immediato, ma prodotti duratori.
L'uomo plasma il mondo (ponti, strade, palazzi...) ---> qui la specificità dell'uomo si manifesta, l'animale lavora ma non opera.
L'uomo opera tramite tecnica e tecnologia. ---> Diventa padrone della natura
Nella nostra natura il lavoro tende a limitarsi (ipotesi della macchine) e forse aumenterà quanto concerne l'opera.
3) Agire ---> Qui l'uomo si confronta con gli altri al di fuori dei rapporti materiali. Nell'agire non si ha più una attività tendenzialmente solitaria ---> ci si confronta con gli altri e questa relazione ci costituisce, ci fa scoprire chi siamo.
---> Importanza della politica e del confronto, al di fuori della scambio o dei soldi.
Per A. l'agire è il vero fondamento della vita degli antichi greci. Studiare, cercare, parlare ma anche chi compie grandi gesta (Socrate e Achille)
---> Tale agire rendeva gli uomini grandi e liberi, e si attuava nella sfera pubblica, in quella privata c'è invece il lavoro, dove vige la necessità. Nel pubblico cercava di convincere e si confrontava.
Nel privato siamo condizionati dalla necessità della sopravvivenza; nel pubblico si ottiene la libertà di pensare e di fare filosofia.
Con la comparsa della tecnica è crollata la vita contemplativa ma è precipitato anche l'agire.
---> Non ci apriamo più agli altri, l'esistenza diviene banale.
L'operare ha soppiantato il lavoro e appunto l'agire.
---> Ciò ha esaltato gli egoismi e gli individualismi dell'uomo.
Critica per esempio Cartesio e Bacone o Bruno perché l'uomo si confronta con la natura sempre da solo.
Il singolo cogita, domina, ricerca. ---> Ogni uomo diviene un'isola.
L'agire politico invece ti costringe ad aprirti, ti muove verso la comunità e l'altruismo.
3 eventi\segni che hanno costituito l'età moderna
- Scoperta dell'America
- Riforma luterana (l'uomo si relaziona con Dio da solo)
- Cannocchiale di Galileo (trionfo della tecnica)
Nella modernità
- Perde di importanza il lavoro e l'agire politico ---> ora non decidiamo, ci affidiamo alla delega (forse solo il piccolo gruppo degli scienziati discute ancora)
---> La politica ha abdicato al suo compito, lasciando spazio ai tecnici.
Se ci ritiriamo nell'operare e lasciamo l'agire, allora abbandoniamo il pubblico e ci ritiriamo nel privato, ma allora abbandoniamo la libertà per la necessità.
La vita si riduce al "darsi da fare" non alla scoperta degli altri e di se stessi.
---> A. crede però che quello che è ora non deve essere così nel futuro.
La banalità del male
“Non era stupido, era semplicemente senza idee. Quella lontananza dalla realtà e quella mancanza di idee, possono essere molto più pericolose di tutti gli istinti malvagi che forse sono innati nell'uomo. Questa fu la lezione di Gerusalemme. Ma era una lezione, non una spiegazione del fenomeno, né una teoria.”
Nasce come un reportage giornalistico per il New Yorker: A. segue il processo ai danni del gerarca nazista Eichmann --> era riuscito a scappare in Argentina dopo la seconda guerra mondiale.
Viene scoperto dal Mossad (servizi segreti israeliani) e rapito dall'Argentina (questione estradizione) per portarlo ad Israele.
Eichmann aveva il compito di organizzare i treni che arrivavano ai vari campi di concentramento.
---> Accusa di partecipazione all'olocausto.
A. segue quel caso anche per le sue origini: rimane stupita dal comportamento del gerarca.
Non era un folle o un violento in apparenza: era solo un uomo banale, che non si rendeva conto della portata delle accuse rivoltegli.
Cercava di difendersi con il semplice "Ho eseguito gli ordini", dicendo di essere solo un funzionario.
Cosa curiosa: a un certo punto E. si difende appellandosi all'imperativo categorico di Kant: non l'aveva violato in quanto obbediente alle leggi.
Per la Arendt era solo un uomo come tanti, inconsapevole. Un personaggio scialbo e anonimo.
Le sue azioni derivano dalla massa [vita inautentica di Heidegger]
“Nessuna epoca ha mai saputo tanto e tante diverse cose dell'uomo come la nostra. Però in verità nessuna ha mai saputo meno della nostra che cos'è l'uomo.”
«Fenomenologia significa dunque... lasciar vedere da se stesso ciò
che
si manifesta, così come si
manifesta».
Opere principali:
Dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto (1915)
Per la determinazione delle filosofia (1919)
Fenomenologia della vita religiosa (1919–20)
Ontologia. ...
Il concetto di tempo (1924)
Prolegomeni alla storia del concetto di tempo (1925)
Essere e tempo (1927)
Che cosa significa pensare? (1954)
In cammino verso il linguaggio (1959)
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Cenni di vita
Studia a Marburgo e Friburgo. Diventa allievo del fondatore della fenomenologia: Husserl
Ottiene una cattedra ed ha importanti allievi come H. Arendt e Gadamer o Jonas.
Nel 1933 diviene rettore all'università di Friburgo, succedendo al maestro Husserl.
Qui pronuncia un discorso "l'autoaffermazione dell'università tedesca";
[elementi interpretativi: volere o dovere?]
Dopo pochi mesi si dimette; nel ventennio successivo fa ricerca ma è meno attivo in pubblico.
Nel 1945 alla fine della guerra si attiva un processo di epurazione nazista.
---> H. subisce un'inchiesta e viene sospeso dall'insegnamento, specie per il parere di Jaspers
---> Viene reintegrato nel 1949, anche grazie alla Arendt.
Nel 1936 pubblica un saggio su Holderlin e la poesia: vi è un cambio di indagine --> per L'Essere, il linguaggio, la poesia.
Abbiamo noi oggi una risposta alla domanda intorno a ciò che propriamente intendiamo con la parola «essente»? Per nulla. È dunque necessario riproporre il problema del senso dell'essere. Ma siamo almeno in uno stato di perplessità per il fatto di non comprendere l'espressione «essere»? Per nulla. È dunque necessario incominciare col ridestare la comprensione del senso di questo problema. Lo scopo del presente lavoro è quello della elaborazione del problema del senso dell'«essere». Il suo traguardo provvisorio è l'interpretazione del tempo come orizzonte possibile di ogni comprensione dell'essere in generale.
H. Torna al problema originario della filosofia: l'Essere (quello di Parmenide, sì).
L'Essere sembra indefinibile. Non appartiene a un insieme (genere prossimo che lo contenga).
L'Essere non è neppure "semplicemente" la somma degli enti concreti: esso trascende la realtà transeunte della vita quotidiana.
Non basta dire che l'Essere è; il non Essere non è.
--> L'essere è indefinibile (non può essere delimitato in quanto non ha fine)
[in relazione allo spazio]
---> In [relazione al tempo] L'Essere continua a sfuggirci: come già diceva Agostino, il passato è fuggito, il futuro non è ancora, il presente è troppo instabile.
Anche l'Essere studiato da Platone (idea) o quello di Aristotele (sostanza) rappresentano soluzioni che non sembrano "esserci" nella realtà.
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Da Cartesio in poi il problema di sposta dal piano ontologico a quello gnoseologico
---> Non Cos'è Questo; ma Come conosco questo?
Heidegger riprende quel "problema dimenticato"
--> Qual è il senso dell'Essere?
---> Si chiede allora: chi è quell'essere che si pone la domanda sull'Essere?
L'uomo.
Il suo modo d'essere (sein) è l'esistenza --> l'esserci (Dasein): l'uomo è sempre gettato nel mondo. Non sceglie quando come perché nascere. Si trova in un ambiente che lo determina.
Non è ente come gli altri. Si interroga: tenta di comprendere e comprendersi.
E' necessaria una "analitica esistenziale"---> analizzare i modi di vita dell'uomo. (Anche se H. rifiuta l'etichetta di esistenzialista): lui ha come priorità la ricerca sull'Essere più che sull'uomo. ---> sguardo fenomenologico sull'esistenza: come le cose arrivano alla coscienza
Non è la ricerca scientifica o comune, ma di come le cose\eventi appaiono alla nostra coscienza.
L'esserci (Dasein) è possibilità (--> Kierkegaard)
Egli è un esserci_nel_mondo. Ed esserci nel Tempo.
Egli comprende e esiste in esso, circondato da cose e persone.
Il passato è il ricordo dell'esserci. Il futuro l'aspettativa. Il presente la cura.
Egli vive proiettato, in una progettualità continua.
Negli oggetti come funziona?
L'esserci di un oggetto (ex tastiera) è determinato dal suo uso, ma tale uso è tale quando "sparisce" alla mia coscienza. Non la indago, la uso. Gli oggetti permettono all'uomo di attuare la possibilità\libertà dell'uomo, a seconda della sua scelta, del suo progetto.
L'uomo vede il chiodo: questo riporta al martello, questo riporta al legno...
L'uomo si prende cura della realtà che lo circonda. Questa cura è sia trascendenza (andare oltre), sia progetto: dà significato alla realtà.
Ogni ente non è però dato neutralmente: ha un suo contesto. Non si parte da zero.
Se leggo un libro horror, so in qualche modo cosa mi aspetta
--> ho pregiudizi, pre-nozioni. Non siamo in una tabula rasa: siamo in un orizzonte culturale.
Posso modificare l'orizzonte, ma parto da lì. [---> spunti per l'ermeneutica]
Vale anche per gli altri uomini (esserci): L'uomo non è mai da solo: è sempre un esserci_con_gli_altri.
Delle cose ci si prende cura; delle persone si ha cura.
2 modi di cura verso gli altri:
a) Sottrarre agli altri la loro cura (preoccupazioni, progetti) ---> non diamo loro responsabilità dei loro progetti, scegliamo noi per loro. [inautentica]
b) Aiutiamo gli altri ad assumersi le loro cure (progetti, responsabilità) [autentica]
---> però l'uomo si rende dipendente da ciò che (in teoria) ci rende indipendente (ex, telefono o auricolare)
---> Rischio di dimenticarsi di sé: l'Esserci si comprende da quanto le cose gli permettono
---> L'uomo si cosifica (deiezione-decadimento)
------> Ancora, il rischio è di vivere un'esistenza anonima, conformista, non personale.
Si vive in funzione degli altri e degli oggetti (si impersonale: si dice, si pensa, si fa)
Questo produce:chiacchiera (non discussione ma frasi fatte, siamo portatori di opinione), curiosità, equivoco (superficiale e vano). In una vita autentica siamo nella banalità.
"Così si fa, così si vive". La curiosità nella vita autentica è curiosità superficiale, quella delle informazioni veloci, per il gossip e simili.
Il Dasein resta nell'equivoco: si parla ma non si dice nulla.
---> Vive nella paura di qualcosa di indeterminato. Cade continuamente nel già deciso.
In questo contesto non realizziamo autenticamente la nostra esistenza. (Per quanto non ci sia una distinzione netta tra chi vive autenticamente o inautenticamente: tutti partono dalla banalità, poi qualcuno ne esce)
Siamo un "progetto gettato" ma se lasciamo che decidano gli altri o ci facciamo influenzare delle cose perdiamo il nostro progetto, la nostra autenticità.
Come passo da un'esistenza inautentica ad una autentica?
Attraverso l'unica possibilità certa e davvero mio: la morte.
Sarà la nostra morte, non di qualcun altro. ---> allora dovremo "esserci-per-la-morte"
---> considerare che non siamo immortali.
Questo atteggiamento ci angoscia, ma di fronte al termine siamo disposti (o costretti) a fare qualcosa della nostra vita. Nella vita inautentica non la si affronta.
Nell'angoscia siamo davanti al nulla: l'ultima possibilità che cancella tutte le altre.
"L'angoscia è la disposizione fondamentale che ci mette di fronte al nulla."
Quando affrontiamo la morte possiamo sentire la voce della coscienza, che ci spinge ad essere davvero chi siamo per staccarci dalla vita inautentica.
Nella vita autentica recupero il futuro (morte-progetto) ma anche il passato (storicità autentica: tradizione, destino). In questo contesto anche il passato si sceglie come appartenenza.
Scopriamo che non abbiamo un tempo infinito: quindi ci chiediamo quale attività, quale abitudine ha un senso (è autentica) e quale non lo ha (è inautentica).
Di fronte al limite, alla morte, ci chiediamo davvero che cosa siamo.
[ogni singolo esame dello studente come percorso professionale, ex]
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La svolta (Sentieri interrotti, 1950)
Seconda fase: linguaggio, tecnica, anti-umanismo
Ma torniamo alla domanda essenziale: cos'è l'Essere?
Abbiamo tentato di capirlo tramite l'uomo (Dasein), ma per H. non basta. Si corregge.
---> allora dobbiamo ripartire dall'Essere. Capire il senso dell'uomo partendo dall'Essere e non viceversa. Mirare direttamente all'Essere.
Questo capovolgimento, per H, è stato fatto non solo da lui, ma dalla cultura occidentale.
[Studiare gli enti (Uomini, Dio, Natura, Tecnica...) per capire il senso delle cose]
Anche Nietzsche, ammirato da H, ha "ucciso" Dio, ma l'ha sostituito con l'oltreuomo: sempre un ente è.
Bisogna staccarsi dall'ente, partendo dal niente (assenza di enti) ---> ciò che scorgiamo al di là degli enti (l'orizzonte, lo sfondo). Ma allora il niente rende possibile l'ente.
Allora l'Essere è il niente? Entrambi sono la radura, lo sfondo degli enti.
---> la condizione originaria di tutto ciò che è.
Capire l'Essere è anche affrontare il problema della verità.
Ma anche qui la scienza e la filosofia hanno frainteso: la verità non si domina.
E' un problema dell'Essere, non dell'uomo.
----> L'Essere è apertura, e permette l'incontro con la verità ---> si disvela e si oscura, esso è mistero perché possibilità.
Invece la metafisica si è dimenticata del suo oggetto: ha ridotto l'Essere agli enti.
----> Bisogna ripartire da zero. Critica Nietzsche perché il suo oltreuomo è un iperbole dell'umanismo: l'uomo crea il senso.
Quella di H. invece vuole essere una filosofia anti-umanista (in questo critica Sartre e il suo "l'esistenzialismo è un umanismo").
Un'altra critica è rivolta al dominio della natura: la tecnica. Essa è infatti l'apice dell'umanismo e dell'umanizzazione dell'Essere.
H. interpreta la volontà di potenza di Nietzsche come apice della tecnica. (!) Ma la tecnica ci impedisce di vedere l'orizzonte, l'Essere.
Per H. L'Essere è dinamico, muta. Profetizza un'epoca post-tecnica e post metafisica e forse concederà la scoperta di questo orizzonte.
Ma restando alla nostra epoca: cosa può rivelare l'Essere se la filosofia ha fallito?
L'arte, specie quella poetica.
Bisogna però passare dal nichilismo assoluto per lasciare spazio a quel tipo di arte.
Un'opera è reale come opera soltanto se noi stessi ci sottraiamo alla nostra abitudinarietà ed entriamo in ciò che l'opera apre, per condurre il nostro essere stesso a soggiornare nella verità dell'ente.
L'arte concede (illumina) il senso (luce) le cose: in questo atteggiamento si superano gli enti e si aprono nuovi scenari.
Non è però l'artista a svelare l'Essere: egli diviene un tramite per la sua luce.
L'arte è una auto-rappresentazione dell'Essere. Non è "cosa tra le cose", non bisogna farne un mero prodotto culturale \ classificatorio. Ciò che importa per H. è il momento creativo che l'ha originata, farsi quella domanda per trovarne l'urgenza.
- Chi pone la domanda: l'Essere all'esserci ---> cosa mi scatta/succede durante la percezione?
Attua allora una svolta linguistica: L'Essere (soggetto) si rivela all'uomo.
E' un accadimento che si rivela tramite il linguaggio (la casa dell'Essere)
Per H. l'uomo è l'animale che vive nel linguaggio: per noi le parole sono l'apertura all'Essere. Ma è complesso analizzare del linguaggio: lo devo fare sempre con le parole.
L'uomo non inventa un linguaggio, nasce "dentro" a un linguaggio, e questo condiziona il pensiero. Però, anche l'Essere si delinea nei limiti delle parole.
---> L'uomo non è il padrone della Casa (linguaggio) dell'Essere: egli ne è servo.
L'uomo è quindi un pastore dell'Essere: l'uomo deve ascoltarlo. Ricevere la sua chiamata.
Il linguaggio poetico secondo H. è quello più adatto a cogliere l'Essere.
---> perché è il linguaggio poetico, con le sue pieghe, con le sue metafore a poter cogliere l'Essere.
----> il linguaggio poetico mostra una radura, uno sfondo e una luce: si può alludere all'Essere ma non si può descriverlo oggettivamente.
Per H. "ogni civiltà è figlia della sua poesia" (e non viceversa).
Allora la filosofia che scopo ha? Quello di studiare il linguaggio e rifletterci ---> ermeneutica: la sua analisi, la sua interpretazione.
L'ontologia diviene ermeneutica. ---> studi sulla scomposizione delle parole, dell'etimo, del linguaggio. (etimologia)
Poesia e analisi del linguaggio sono gli unici appigli per cogliere in qualche modo l'Essere.
L'uomo lo segue, si fa suo pastore per sentire la sua parola.