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lunedì 20 marzo 2023

Viktor Frankl - La logoterapia

 Viktor Emil Frankl

Psichiatra, neurologo e filosofo.

Inventore della logoterapia.

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(Vienna, 26 marzo 1905 – Vienna, 2 settembre 1997) 




E' stato un neurologo, psichiatra e filosofo austriaco, uno fra i fondatori dell'analisi esistenziale e della logoterapia, metodo che tende a evidenziare il nucleo profondamente umano e spirituale dell'individuo.



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Opere principali

La sofferenza di una vita senza senso

Alla ricerca di un significato della vita

Lettere di un sopravvissuto. Ciò che mi ha salvato dal lager

L'uomo in cerca di senso. Uno psicologo nei lager - (prima ed. 1946)

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" Chi ha un perché per vivere può sopportare qualsiasi come", Nietzsche

 “Vivi come se tu stessi vivendo per la seconda volta e come se la prima avessi sbagliato così tanto da non poter sbagliare ora!”

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Viktor Frankl è legato alla così detta "Terza scuola" della psicoanalisi.

Se la prima è legata a Freud e al suo principio di piacere, la seconda ad Adler e alla sua volontà di potenza, quella di Frankl è connessa al senso (will to meaning) dal quale deriva l'invenzione della logoterapia.


Lo psicologo nei lager

«Che cos'è, dunque, l'uomo? Noi l'abbiamo conosciuto come forse nessun'altra generazione precedente; l'abbiamo conosciuto nel campo di concentramento, in un luogo dove veniva perduto tutto ciò che si possedeva: denaro, potere, fama, felicità; un luogo dove restava non ciò che l'uomo può "avere", ma ciò che l'uomo deve essere; un luogo dove restava unicamente l'uomo nella sua essenza, consumato dal dolore e purificato dalla sofferenza. Cos'è, dunque, l'uomo? Domandiamocelo ancora. È un essere che decide sempre ciò che è.»

(Homo patiens. Soffrire con dignità)

Frankl, dopo aver studiato medicina e psicologia è stato internato in vari campi di concentramento. In quel periodo ha perso gran parte della famiglia, tra cui la madre e la moglie. 

Il padre muore tra le sue braccia, delle due donne scopre la scomparsa solo una volta liberato.

La sua competenza ed esperienza danno una visione particolare della sua tragedia nei campi nazisti. 

Il libro racconta quell'esperienza terribile dal punto di vista psicologico e medico.

Per Frankl ci sono 3 fasi nella vita internata.

1 - Lo shock iniziale: il periodo necessario all'accettazione di quella nuova vita, connesso ad un grado di incredulità e di curiosità morbosa per quello che accadrà a breve. Permane una certa illusione, che la situazione possa non essere così terribile.

2 - La resa: la progressiva apatia e la morte interiore, quando gli internati si rendono conto della situazione. Il lager porta alla spersonalizzazione. 

3 - La liberazione: ne consegue un iniziale senso di smarrimento e di perdita, ed è necessaria una fase di recupero e riabilitazione per tornare alla "vita normale". Così come la probabile delusione di non trovare nessuno a casa, o la necessità di NON essere definiti come i sopravvissuti dai lager. [Istituzionalizzazione]


«Guai a chi non si ritrova l'unico suo sostegno del tempo trascorso nel lager - la creatura amata. Guai a chi vive nella realtà l'attimo del quale ha sognato nei mille sogni della nostalgia, ma diverso, profondamente diverso da come se l'era dipinto. Sale sul tram, va verso la casa che per anni ha visto davanti a sé nei pensieri e solo nei pensieri, suona il campanello - proprio come lo ha desiderato ardentemente in mille sogni... ma non gli apre la persona che avrebbe dovuto aprirgli - e non gli aprirà mai più la porta.»

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Il tempo nel lager è senza fine, senza senso, il futuro viene cancellato. Senza futuro non c'è progetto né speranza.  Non sai fin quando resterai lì dentro, è una sospensione senza limite. Ciò che resta del tempo sono pezzi: di lavoro estenuante, di brevissime pause, di sofferenze e di piccoli pranzi.

"Oggi non mi sono rotto nulla. Fra poco mangiamo la purea di patate. Oggi non sono morto".

Le cose materiali e animali diventano fondamentali: nel lager i prigionieri parlano sempre di cibo o mera sopravvivenza, perché non gli rimane altro in apparenza. Ci si dimentica progressivamente del bisogno sessuale, non rimane che la vita nuda. 

Gli unici sentimenti sono una vaga speranza per la politica esterna e la nostalgia per la vita passata. 

Per Frankl però perfino nel lager qualcosa può salvarti. Perfino lì la vita può avere un senso.

 La vita ricettiva (percepire arte e bellezza) e quella creativa (darle un senso con l'azione) nel lager non esistono, ma deve avere senso anche la vita nuda, perfino la sofferenza.

Riescono a sopravvivere non tanto gli uomini più forti fisicamente, ma quelli che non perdono del tutto la propria identità. Lui si era aggrappato alla speranza di rivedere la moglie (Tilly Grosser) - e con lei intavolava mentalmente discorsi, era la sua trascendenza dal campo. 

Allo stesso modo si era legato al suo lavoro: aveva delle opere da scrivere e terminare. Ancora, poteva essere utile come medico nel campo. 

E questo aggrapparsi al senso poteva valere per tutti. Per Frankl l'atteggiamento che ti può salvare quando tutto va a rotoli è quello in grado di trasformare la sofferenza in significato.

Cita Spinoza quando dice che "una sofferenza smette di essere tale appena ce ne facciamo una idea chiara e distinta".

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Ma cos'è questo senso e come si trova?


Frankl dopo la liberazione ha aiutato molti studenti austriaci a superare pensieri suicidari. Per lui era fondamentale aiutarli a ridare un senso alla propria esistenza, spesso dovuta - anche in tempi moderni - all'industrializzazione, al consumismo e il dominio della tecnica.

Per Frankl (come per gli esistenzialisti e per Nietzsche) la vita non ha un senso oggettivo e uguale per tutti, ognuno deve trovare il suo: unico e particolare.

Per farlo è necessario un rovesciamento copernicano.

«Non importa affatto che cosa possiamo attenderci noi dalla vita, ma importa, in definitiva, solo ciò che la vita attende “da noi”»

«L'uomo può essere nel suo intimo più forte del destino che gli viene imposto dall'esterno

 Insegnarlo ai disperati: non chiedersi cosa possiamo attenderci noi dalla vita, ma riconoscerci come gente alla quale la vita pone continuamente delle domande.

Ci tocca rispondere, e non solo con parole, ma con azioni e comportamenti.

Trovando la nostra unicità, che è il vero miracolo della vita umana.

Questo nessuno glielo può togliere.

Quel masso è suo, come direbbe Sisifo, sorridendo. [Camus]

Quanto hai vissuto, nessuno può togliertelo.

Per Frankl La vita si dimostra incondizionatamente significativa, a prescindere dalla circostanza.

Nelle situazioni critiche dimostriamo coraggio e creatività nel rispondere alla situazione: dipende dall'atteggiamento con il quale rispondiamo al destino (a quanto accade).

Strappare e conquistare a questa vita un senso è concesso all'uomo fino al suo ultimo respiro. Per farlo bisogna però spostare il focus da noi stessi agli altri (self-transcendence).

La ricerca di senso per Frankl è sia verticale (spirituale), sia orizzontale (responsabilità sociale).

Le scuole psicanalitiche e la mancanza di equilibrio.

Per Freud l'omeostasi (l'equilibrio psichico) si rompe per un trauma sopito, connesso alla censura degli impulsi, al blocco del principio di piacere e il conseguente imbarazzo. 

Per Adler il meccanismo si rompe per mancanza di potere. 

Per Frankl entrambe queste mancanze  sono dei derivati della mancanza di significato.

Il significato deriva dall'attuazione dei valori della specifica persona in ogni specifica situazione, dipende dall'individualità delle persone.

Per certi aspetti la logoterapia di Freud è una grande critica al materialismo fisicalista e riduzionista di Freud: per la prima psicanalisi noi siamo il prodotto del nostro passato. 

L'inconscio può essere ricondotto alle sue basi ed agli eventi dell'infanzia che lo hanno costruito. 

Per Freud l'adulto è l'effetto del bambino e lo squilibrio è una perdita di rotta nell'omeostasi psichica. 

Il meccanicismo di Freud è stato utile per scoprire l'inconscio ma per Frankl bisogna andare oltre. La sua teoria è un intreccio tra psicanalisi e filosofia stoica ed esistenzialista. 

Come per Sartre e Camus noi siamo sempre liberi. Non siamo solo il prodotto del nostro passato. Ma per Frankl possiamo non solo avvertire ma usare l'angoscia kirkeegardiana. 

La logoterapia si basa quindi sul tentativo di usare la sofferenza e la ricerca di senso più che l'evitarla o il sopportarla. La malattia non deriva tanto dalla frustrazione o dall'impotenza ma proprio dal vuoto esistenziale. 

Sarà allora necessario riorganizzare la vita ed il suo senso, e per farlo è utile recuperare i valori del soggetto, non giudicarli o deriderli. 

Per esempio allora la religione o la spiritualità non sono "paure o censure sublimate" (Freud) ma valori da poter utilizzare nel recupero dalla sofferenza e dallo smarrimento.

 La logoterapia punta a comprendere più che a giudicare o valutare.

Le tre tipologie di senso

Il senso per Frankl è sia globale sia situazionale. Una direzione esistenziale e una risposta a quello che ci capita (zoom in; zoom out).

Il senso deve essere connesso a quei valori che hanno superato la prova del tempo (altruismo, generosità, non offesa, aiuto reciproco...) e sono relativi a tre situazioni.

1) Esperienza (Amore)

Quello che di bello e significativo possiamo esperire dalla vita: la natura, l'amicizia, l'amore, l'arte (come spettatori in questo caso). Si poggia sui valori della tenerezza, della sincerità, della bellezza e dello stupore. (Frankl parlava della moglie assente come presenza trascendente: possibilità di dialogo interiore degno d'amore)

2) Creatività (Lavoro - compito)

Qui si tratta del senso che si sprigiona seguendo le proprie inclinazioni e i propri talenti, la propria unicità. Si tratta di impegnarsi per realizzare il proprio compito. Non per piacere materiale o successo, ma per trascendere noi stessi e aiutare gli altri nel modo che ci è proprio e ci caratterizza. [Responsabilità, creatività, slancio]

 (Frankl parlava delle sue opere da terminare: il compito che ci attende, il nostro)

3) Atteggiamento (Sofferenza)

Come detto, per Frankl ogni situazione può conservare un senso, una domanda. [Tra lo stimolo e la risposta c'è sempre un gap]

--> Usare la sofferenza (quella che non si può evitare) per rivalutare la nostra vita, per darle, se necessario, una nuova direzione. Chiederci cosa significhi. La sofferenza allora diventa un segnale da interpretare. Un'occasione di mutarla in significato. [Stoicismo]

Quando - come nel lager - non ci si può dedicare alla creatività o all'esperienza, rimane almeno questa via di risposta. La resistenza.

La ricerca di questo senso è una lotta contro l'inconsapevolezza e i divertissement (Pascal).

Differenza tra successo e ricerca del significato

Per Frankl non bisogna confondere la ricerca del senso con quella dell'autorealizzazione o del successo. Il compito e l'esplorazione di Frankl sono più eudaimonici che edonistici. 

La ricerca di senso è più complessa di quella del piacere ma anche più profonda. Può integrare impegno e sofferenza, ma porta risultati più duraturi e significativi.

Non sono il denaro o la fama a garantirci la felicità ma il rispetto della nostra unicità e la forza di dedicarci a qualcosa "per cui vivere e per cui morire" che possa farci trascendere noi stessi e poter aiutare gli altri. 

Questo senso deve colorare ogni esperienza umana, perché ogni situazione di offre una possibilità di attribuire un valore e uno scopo, e di trasformare la fatica e la sofferenza in significato attraverso l'esperienza, la creazione e la resistenza.

Dobbiamo avere la forza di superare il consumismo e le distrazioni per recuperare la nostra autonomia e autenticità.


Il rovesciamento della piramide di Maslow

Proprio perché la vita ha senso in ogni contesto, per Frankl è necessario rovesciare la piramide dei bisogni di Maslow:

«La distinzione di Maslow tra bisogni più alti e bisogni più bassi non ci dà la spiegazione del fatto che, quando quelli più bassi non vengano soddisfatti, un bisogno più alto, quale la volontà di significato, può diventare il più urgente di tutti. Poiché, dunque, sia il soddisfacimento come la frustrazione dei bisogni più bassi può provocare nell’uomo la ricerca di un significato, ne consegue che il bisogno di significato è indipendente da altri bisogni. Da ciò si deduce che esso non può essere ridotto a essi né ricavato da essi»


Quindi per Frankl non bisogna per forza salire gli scalini (dalla casa, alla proprietà all'appartenenza, al senso), perché allora in condizioni in cui queste opportunità ci vengono a mancare non potremmo essere felici e neppure dare un senso alla vita.

Ma la vita per la logoterapia ha senso a prescindere. 

Inoltre, un monaco non considererebbe più importante o di valore la sua vita se potesse vivere in una casa più grande o violando di tanto in tanto qualche giuramento, perché il senso gli deriva proprio da una scelta significativa di base intorno ai suoi valori.

 [In questo modo si connette soggettività e oggettività della scelta della direzione; per Aristotele lo si faceva con i mezzi al di là dei fini: i mezzi anzi devono giustificare i fini]

Il materialismo e il consumismo possono alterare e corrompere questa ricerca, confondendola per produttività e successo superficiale. Confondono essere e avere.

Già gli stoici ci ricordano come abbiamo il controllo delle azioni ma non dei risultati. 

---> Il raggiungimento di una serenità e una soddisfazione durature dipende allora dalla direzione che diamo alla nostra vita. Cercare di averne stima, di sentirla nostra rispettando le nostre unicità. 

Felicità e successo possono essere (non per forza) dei sottoprodotti di questa ricerca.

Il nostro modo particolare di rispondere agli eventi vitali (quella persona per cui siamo unici, quell'attività per cui possiamo essere insostituibili).

Va da sé che non sia facile, e che questa scelta del tema e della direzione implichi una certa sfida e un certo slanciarsi (come nel salto della fede di Kierkegaard): potremmo sbagliare la nostra strada, ma almeno avremo tentato e avremo raggiunto una maggiore consapevolezza. 



Se seguiamo una vita di successo potremmo ritrovarci a vivere - anche trovandolo - una vita vuota di significato. Se invece inseguiamo una vita di ricerca del senso, anche sbagliando potremmo trovarci ad aver condotto una vita di sacrificio, ma non di fallimento.

I due presupposti a questa ricerca sono la libertà e la responsabilità: anche nella situazione più drammatica possiamo conservare i nostri temi-valori e la nostra attitudine.


Approfondimento

 vocazione, lavoro, carriera, hobby.




lunedì 20 febbraio 2023

Hannah Arendt

 


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Nasce nella città di Kant (Königsberg): è tedesca, di origine ebraica. Studia filosofia fin da giovane, sarà allieva di Heidegger, con il quale avrà una relazione.
Con il nazismo (1933) si trasferisce prima in Francia, poi, con la seconda guerra mondiale, negli USA.
Qui insegnerà in diverse università, scriverà i testi principali e prenderà la cittadinanza.

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Le basi vengono accettate come pilastri e formano la vita e la società dei cittadini. 
Ex, nazismo: I tedeschi tra le due guerre erano in una crisi economica enorme, e anche la cultura non aiutava a trovare un senso. 
---> Si attaccano gli ebrei come "parassiti" che stanno rovinando l'economia. 
---> E' una concezione non provata e irrazionale, ma il concetto viene ripetuto continuamente
(“Più grande la menzogna più grandi le probabilità che venga creduta.”)
Una volta accettata la base, derivano però conseguenze sequenziali
---> Se gli ebrei sono pericolosi, allora vanno fermati, cacciati, eliminati...
---> Tutto si basa su quell'assurdità di partenza.
---> Ci si allinea a quel "super senso" che ricostruisce lo smarrimento precedente "spiegando tutto". 
----> Trovare una spiegazione (semplicistica) che collega tutto talvolta è rassicurante nella complessità del mondo. 
---> Se non si resiste al vuoto o alla complessità è facile farsi sedurre da un'idea forte del genere: leader come forza della Legge; burocrazia basata sulla distanza dal capo; mitologia di cornice..

Ideologia e terrore portano all'isolamento (amici-nemici) e al conformismo: bisogna seguire il leader e l'idea di base.
---> Ma allora il rapporto relazionale perde di senso: non posso mostrarmi, devo aderire all'idea.



Approfondimenti

venerdì 17 febbraio 2023

Martin Heidegger

 Martin Heidegger (1889 - 1976)


“Nessuna epoca ha mai saputo tanto e tante diverse cose dell'uomo come la nostra. Però in verità nessuna ha mai saputo meno della nostra che cos'è l'uomo.”

 «Fenomenologia significa dunque... lasciar vedere da se stesso ciò che

si manifesta, così come si manifesta».






Opere principali:

Dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto (1915)
Per la determinazione delle filosofia (1919)
Fenomenologia della vita religiosa (1919–20)
Ontologia. ...
Il concetto di tempo (1924)
Prolegomeni alla storia del concetto di tempo (1925)
Essere e tempo (1927)
  • Che cosa significa pensare? (1954)
  • In cammino verso il linguaggio (1959)
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Cenni di vita

Studia a Marburgo e Friburgo. Diventa allievo del fondatore della fenomenologia: Husserl
Ottiene una cattedra ed ha importanti allievi come H. Arendt e Gadamer o Jonas.

Nel 1933 diviene rettore all'università di Friburgo, succedendo al maestro Husserl.
Qui pronuncia un discorso "l'autoaffermazione dell'università tedesca"; 
[elementi interpretativi: volere o dovere?]
Dopo pochi mesi si dimette; nel ventennio successivo fa ricerca ma è meno attivo in pubblico.
Nel 1945 alla fine della guerra si attiva un processo di epurazione nazista. 
---> H. subisce un'inchiesta e viene sospeso dall'insegnamento, specie per il parere di Jaspers

---> Viene reintegrato nel 1949, anche grazie alla Arendt.

Nel 1936 pubblica un saggio su Holderlin e la poesia: vi è un cambio di indagine --> per L'Essere, il linguaggio, la poesia. 


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Le due fasi filosofiche

Il pensiero di Heidegger può essere suddivisa in due fasi
La prima dura fino al 1936. [saggio su Holderlin]
Nella prima l'opera principale è Essere e Tempo, dove si studia soprattutto l'uomo. 
Nella seconda l'oggetto principale delle sue ricerche è l'Essere. [opera principale: sentieri interrotti, 1950]
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La prima fase (Essere e Tempo, 1927)

 Abbiamo noi oggi una risposta alla domanda intorno a ciò che propriamente intendiamo con la parola «essente»? Per nulla. È dunque necessario riproporre il problema del senso dell'essere. Ma siamo almeno in uno stato di perplessità per il fatto di non comprendere l'espressione «essere»? Per nulla. È dunque necessario incominciare col ridestare la comprensione del senso di questo problema. Lo scopo del presente lavoro è quello della elaborazione del problema del senso dell'«essere». Il suo traguardo provvisorio è l'interpretazione del tempo come orizzonte possibile di ogni comprensione dell'essere in generale.

H. Torna al problema originario della filosofia: l'Essere (quello di Parmenide, sì).
L'Essere sembra indefinibile. Non appartiene a un insieme (genere prossimo che lo contenga).

L'Essere non è neppure "semplicemente" la somma degli enti concreti: esso trascende la realtà transeunte della vita quotidiana.

Non basta dire che l'Essere è; il non Essere non è. 
--> L'essere è indefinibile (non può essere delimitato in quanto non ha fine)
 [in relazione allo spazio]

---> In [relazione al tempo] L'Essere continua a sfuggirci: come già diceva Agostino, il passato è fuggito, il futuro non è ancora, il presente è troppo instabile. 

Anche l'Essere studiato da Platone (idea) o quello di Aristotele (sostanza) rappresentano soluzioni che non sembrano "esserci" nella realtà.
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Da Cartesio in poi il problema di sposta dal piano ontologico a quello gnoseologico
---> Non Cos'è Questo; ma Come conosco questo?

Heidegger riprende quel "problema dimenticato"
--> Qual è il senso dell'Essere?
---> Si chiede allora: chi è quell'essere che si pone la domanda sull'Essere?
L'uomo.
Il suo modo d'essere (sein) è l'esistenza --> l'esserci (Dasein): l'uomo è sempre gettato nel mondo. Non sceglie quando come perché nascere. Si trova in un ambiente che lo determina.
Non è ente come gli altri. Si interroga: tenta di comprendere e comprendersi.

E' necessaria una "analitica esistenziale" ---> analizzare i modi di vita dell'uomo. (Anche se H. rifiuta l'etichetta di esistenzialista): lui ha come priorità la ricerca sull'Essere più che sull'uomo. ---> sguardo fenomenologico sull'esistenza: come le cose arrivano alla coscienza

Non è la ricerca scientifica o comune, ma di come le cose\eventi appaiono alla nostra coscienza.
L'esserci (Dasein) è possibilità (--> Kierkegaard)

Egli è un esserci_nel_mondo. Ed esserci nel Tempo.
Egli comprende  e esiste in esso, circondato da cose e persone.
Il passato è il ricordo dell'esserci. Il futuro l'aspettativa. Il presente la cura. 
Egli vive proiettato, in una progettualità continua. 



Negli oggetti come funziona?
L'esserci di un oggetto (ex tastiera) è determinato dal suo uso, ma tale uso è tale quando "sparisce" alla mia coscienza. Non la indago, la uso. Gli oggetti permettono all'uomo di attuare la possibilità\libertà dell'uomo, a seconda della sua scelta, del suo progetto.

L'uomo vede il chiodo: questo riporta al martello, questo riporta al legno...

L'uomo si prende cura della realtà che lo circonda. Questa cura è sia trascendenza (andare oltre), sia progetto: dà significato alla realtà. 
Ogni ente non è però dato neutralmente: ha un suo contesto. Non si parte da zero.
Se leggo un libro horror, so in qualche modo cosa mi aspetta 
--> ho pregiudizi, pre-nozioni. Non siamo in una tabula rasa: siamo in un orizzonte culturale.
Posso modificare l'orizzonte, ma parto da lì. [---> spunti per l'ermeneutica]


Vale anche per gli altri uomini (esserci)L'uomo non è mai da solo: è sempre un esserci_con_gli_altri.
Delle cose ci si prende cura; delle persone si ha cura.

2 modi di cura verso gli altri:
a) Sottrarre agli altri la loro cura (preoccupazioni, progetti) ---> non diamo loro responsabilità dei loro progetti, scegliamo noi per loro. [inautentica]
b) Aiutiamo gli altri ad assumersi le loro cure (progetti, responsabilità) [autentica]


---> però l'uomo si rende dipendente da ciò che (in teoria) ci rende indipendente (ex, telefono o auricolare)
---> Rischio di dimenticarsi di sé: l'Esserci si comprende da quanto le cose gli permettono
---> L'uomo si cosifica (deiezione-decadimento)
------> Ancora, il rischio è di vivere un'esistenza anonima, conformista, non personale. 
Si vive in funzione degli altri e degli oggetti (si impersonale: si dice, si pensa, si fa)

Questo produce: chiacchiera (non discussione ma frasi fatte, siamo portatori di opinione), curiosità, equivoco (superficiale e vano). In una vita autentica siamo nella banalità.
"Così si fa, così si vive". La curiosità nella vita autentica è curiosità superficiale, quella delle informazioni veloci, per il gossip e simili.
Il Dasein resta nell'equivoco: si parla ma non si dice nulla.
---> Vive nella paura di qualcosa di indeterminato. Cade continuamente nel già deciso.

In questo contesto non realizziamo autenticamente la nostra esistenza. (Per quanto non ci sia una distinzione netta tra chi vive autenticamente o inautenticamente: tutti partono dalla banalità, poi qualcuno ne esce)

Siamo un "progetto gettato" ma se lasciamo che decidano gli altri o ci facciamo influenzare delle cose perdiamo il nostro progetto, la nostra autenticità.

Come passo da un'esistenza inautentica ad una autentica?

Attraverso l'unica possibilità certa e davvero mio: la morte.

Sarà la nostra morte, non di qualcun altro. ---> allora dovremo "esserci-per-la-morte"
---> considerare che non siamo immortali. 

Questo atteggiamento ci angoscia, ma di fronte al termine siamo disposti (o costretti) a fare qualcosa della nostra vita. Nella vita inautentica non la si affronta. 
Nell'angoscia siamo davanti al nulla: l'ultima possibilità che cancella tutte le altre.

         "L'angoscia è la disposizione fondamentale che ci mette di fronte al nulla."

Quando affrontiamo la morte possiamo sentire la voce della coscienza, che ci spinge ad essere davvero chi siamo per staccarci dalla vita inautentica.

Nella vita autentica recupero il futuro (morte-progetto) ma anche il passato (storicità autentica: tradizione, destino). In questo contesto anche il passato si sceglie come appartenenza. 

Scopriamo che non abbiamo un tempo infinito: quindi ci chiediamo quale attività, quale abitudine ha un senso (è autentica) e quale non lo ha (è inautentica)

Di fronte al limite, alla morte, ci chiediamo davvero che cosa siamo.
E dovremmo scegliere qualcosa che ci determina, che rende ogni piccola scelta un tassello di un percorso più grande.  
[ogni singolo esame dello studente come percorso professionale, ex]

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La svolta (Sentieri interrotti, 1950)

Seconda fase: linguaggio, tecnica, anti-umanismo

Ma torniamo alla domanda essenziale: cos'è l'Essere?

Abbiamo tentato di capirlo tramite l'uomo (Dasein), ma per H. non basta. Si corregge.
---> allora dobbiamo ripartire dall'Essere. Capire il senso dell'uomo partendo dall'Essere e non viceversa. Mirare direttamente all'Essere.

Questo capovolgimento, per H, è stato fatto non solo da lui, ma dalla cultura occidentale.
[Studiare gli enti (Uomini, Dio, Natura, Tecnica...) per capire il senso delle cose]
Anche Nietzsche, ammirato da H, ha "ucciso" Dio, ma l'ha sostituito con l'oltreuomo: sempre un ente è.

Bisogna staccarsi dall'ente, partendo dal niente (assenza di enti) ---> ciò che scorgiamo al di là degli enti (l'orizzonte, lo sfondo). Ma allora il niente rende possibile l'ente.

Allora l'Essere è il niente? Entrambi sono la radura, lo sfondo degli enti.
---> la condizione originaria di tutto ciò che è.

Capire l'Essere è anche affrontare il problema della verità.
Ma anche qui la scienza e la filosofia hanno frainteso: la verità non si domina.
E' un problema dell'Essere, non dell'uomo.
----> L'Essere è apertura, e permette l'incontro con la verità ---> si disvela e si oscura, esso è mistero perché possibilità.
Invece la metafisica si è dimenticata del suo oggetto: ha ridotto l'Essere agli enti.
----> Bisogna ripartire da zero. Critica Nietzsche perché il suo oltreuomo è un iperbole dell'umanismo: l'uomo crea il senso. 
Quella di H. invece vuole essere una filosofia anti-umanista (in questo critica Sartre e il suo "l'esistenzialismo è un umanismo"). 

Un'altra critica è rivolta al dominio della natura: la tecnica. Essa è infatti l'apice dell'umanismo e dell'umanizzazione dell'Essere. 
H. interpreta la volontà di potenza di Nietzsche come apice della tecnica. (!) Ma la tecnica ci impedisce di vedere l'orizzonte, l'Essere.

Per H. L'Essere è dinamico, muta. Profetizza un'epoca post-tecnica e post metafisica e forse concederà la scoperta di questo orizzonte.

Ma restando alla nostra epoca: cosa può rivelare l'Essere se la filosofia ha fallito?
L'arte, specie quella poetica.
Bisogna però passare dal nichilismo assoluto per lasciare spazio a quel tipo di arte.

Un'opera è reale come opera soltanto se noi stessi ci sottraiamo alla nostra abitudinarietà ed entriamo in ciò che l'opera apre, per condurre il nostro essere stesso a soggiornare nella verità dell'ente. 

L'arte concede (illumina) il senso (luce) le cose: in questo atteggiamento si superano gli enti e si aprono nuovi scenari. 
Non è però l'artista a svelare l'Essere: egli diviene un tramite per la sua luce. 

L'arte è una auto-rappresentazione dell'Essere. Non è "cosa tra le cose", non bisogna farne un mero prodotto culturale \ classificatorio. Ciò che importa per H. è il momento creativo che l'ha originata, farsi quella domanda per trovarne l'urgenza.

- Chi pone la domanda: l'Essere all'esserci ---> cosa mi scatta/succede durante la percezione?

Attua allora una svolta linguistica: L'Essere (soggetto) si rivela all'uomo. 
E' un accadimento che si rivela tramite il linguaggio (la casa dell'Essere)

Per H. l'uomo è l'animale che vive nel linguaggio: per noi le parole sono l'apertura all'Essere. Ma è complesso analizzare del linguaggio: lo devo fare sempre con le parole.

L'uomo non inventa un linguaggio, nasce "dentro" a un linguaggio, e questo condiziona il pensiero. Però, anche l'Essere si delinea nei limiti delle parole. 

---> L'uomo non è il padrone della Casa (linguaggio) dell'Essere: egli ne è servo.

L'uomo è quindi un pastore dell'Essere: l'uomo deve ascoltarlo. Ricevere la sua chiamata.

Il linguaggio poetico secondo H. è quello più adatto a cogliere l'Essere.
---> perché è il linguaggio poetico, con le sue pieghe, con le sue metafore a poter cogliere l'Essere.
----> il linguaggio poetico mostra una radura, uno sfondo e una luce: si può alludere all'Essere ma non si può descriverlo oggettivamente.
Per H. "ogni civiltà è figlia della sua poesia" (e non viceversa).

Allora la filosofia che scopo ha? Quello di studiare il linguaggio e rifletterci ---> ermeneutica: la sua analisi, la sua interpretazione. 

L'ontologia diviene ermeneutica. ---> studi sulla scomposizione delle parole, dell'etimo, del linguaggio. (etimologia)
Poesia e analisi del linguaggio sono gli unici appigli per cogliere in qualche modo l'Essere.
L'uomo lo segue, si fa suo pastore per sentire la sua parola. 
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Schemi Heidegger




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Approfondimenti

- Heidegger e il Nazismo - intervista allo Spiegel 1966

Podcast e fonti audio di sintesi o approfondimento consigliati

 Approfondimenti e consigli: - Corso di filosofia di Scrip (Ermanno Ferretti) :  https://www.youtube.com/playlist?list=PLFRYVVEHvMSxPuLw6f...